Proseguono le analisi catastrofiche sulla situazione economica europea da parte dei commentatori americani, sempre più propensi a far la morale “alla povera e lenta Europa” piuttosto che dedicarsi all’analisi del grave dissesto finanziario in cui versano Gli Stati Uniti.
Oggi tocca a Paul Krugman, economista e Premio Nobel nel 2008, che in un editoriale sul New York Times si esprime riguardo al “baratro in cui l’euro precipita a testa bassa.”
“É possibile essere allo stesso tempo atterriti e annoiati? È così che mi sento di fronte ai negoziati in corso su come rispondere alla crisi economica dell’Europa e sospetto che altri commentatori condividano questo stato d’animo – scrive Krugman, riferendosi alle discussioni di Washington fra europei, americani e paesi membri del BRIC nel quadro dell’assemblea generale del Fondo monetario internazionale.
Krugman definisce molto preoccupante la situazione dell’Europa, sostenendo che è a rischio l’esistenza stessa della moneta unica.
Deplora il fatto che i politici europei sembrano decisi a offrire altro credito ai paesi in difficoltà e mette in guardia: “Senza politiche fiscali e monetarie più espansionistiche nelle economie più forti d’Europa, tutti i tentativi di salvataggio falliranno.”
Invece che una rigida politica di austerità accoppiata a finanziamenti di emergenza, Krugman vedrebbe piuttosto una politica di tassi di interesse bassi – l’opposto di ciò che la Banca centrale europea è andata facendo dal 2008.
“Esiste un divario abissale tra ciò di cui l’euro ha bisogno per sopravvivere e ciò che i leader europei sono disposti a fare o anche solo a prendere in considerazione – conclude.
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