Nel cuore dell’Italia, dove la scienza medica incontra l’ardore della ricerca avanzata, il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS si distingue come baluardo della medicina spaziale, avendo intrapreso studi pionieristici sugli effetti dei viaggi interplanetari sulla fisiologia umana e in particolare sul delicato funzionamento dei reni degli astronauti, messi a dura prova dall’ambiente extraterrestre in cui ogni certezza biologica è sovvertita, ogni equilibrio messo in discussione e ogni apparato costretto a reinventarsi per sopravvivere all’assenza di gravità e all’insidiosa presenza di radiazioni cosmiche.

Lo studio, pubblicato su Nature Communications ha evidenziato i gravi rischi per la salute renale durante i viaggi spaziali prolungati, come quelli previsti per Marte. Alla ricerca ha partecipato anche Viola D’Ambrosio, dottoranda in nefrologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico Gemelli IRCCS.

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Gli studi condotti dal Gemelli hanno messo in luce un fenomeno inquietante: l’insorgenza accelerata di calcoli renali negli astronauti durante le missioni spaziali, una condizione favorita dalla demineralizzazione ossea causata dalla microgravità, che libera elevate quantità di calcio nel circolo sanguigno, il quale viene poi espulso attraverso l’urina andando a creare condizioni ideali per la formazione di concrezioni nefritiche, aggravate dal rallentamento della funzione renale e dall’alterazione di specifici enzimi coinvolti nella filtrazione e nel bilancio idrosalino

Ma i reni non sono che un capitolo di un più vasto poema fisiologico scritto sotto le stelle, giacché il corpo umano nello spazio diviene terreno di una metamorfosi silenziosa ma inesorabile: la densità ossea si riduce progressivamente, fino all’1,5% al mese, rendendo lo scheletro fragile come vetro sottile e predisposto a fratture anche in seguito a minime sollecitazioni, mentre la massa muscolare si contrae inesorabilmente, compromettendo forza e resistenza, e il cuore, orfano dello sforzo imposto dalla gravità terrestre, si adagia in una quiete ingannevole che lo espone a una riduzione funzionale e a rischi aritmici, soprattutto in vista del ritorno sulla Terra

A ciò si aggiunge l’enigmatico fenomeno delle alterazioni visive e neurologiche, tra cui la sindrome neuro-oculare associata ai voli spaziali, che comporta gonfiore del nervo ottico e variazioni nella forma del bulbo oculare, generando difficoltà visive che possono persistere anche dopo il rientro, e la disorientante sensazione di perdita dell’equilibrio causata dall’inversione dei riferimenti vestibolari, una vertigine esistenziale che si accompagna a un’instabilità psichica tutt’altro che trascurabile

Non meno importanti sono le ricadute sul sistema immunitario, che nello spazio mostra un’inquietante tendenza all’iporeattività, rendendo l’organismo più vulnerabile a infezioni latenti e a fenomeni infiammatori anomali, nonché le ripercussioni psicologiche legate all’isolamento prolungato, alla limitazione delle interazioni umane, al ritmo circadiano sconvolto dall’alternarsi rapido del giorno e della notte a bordo della stazione spaziale, con esiti che possono sfociare in stati ansiosi, insonnia, disturbi dell’umore e in taluni casi crisi depressive

Il lavoro del Gemelli ci interroga sul futuro dell’uomo e sul suo destino oltre l’atmosfera terrestre, cercando di preparare corpi e menti alla scoperta vertiginosa dell’universo, laddove la fragilità diventa soglia di scoperta e la scienza si fa compagna discreta e tenace di ogni passo verso le stelle.

Liliane Tami