di Luca Delzotti |

Nel panorama della letteratura ispanoamericana, la ricerca dell’alterità è un tema ricorrente che ha assunto diverse forme nel corso della storia, spesso intrecciandosi con il Modernismo, movimento che, con Rubén Darío, ha trovato uno dei suoi massimi esponenti. Ma oggi, nell’era della globalizzazione e della comunicazione istantanea, possiamo ancora parlare di una ricerca autentica dell’altro? E soprattutto, questa ricerca si limita ancora a un ideale estetico e spirituale, o si è trasformata in un’indagine più concreta sul nostro senso di identità e di appartenenza?

Da Rubén Darío a Borges, da García Márquez a Octavio Paz, la letteratura ispanoamericana ha sempre esplorato la tensione tra il Sé e l’Altro. Nel Modernismo di Darío, la ricerca dell’alterità si manifestava come un’esaltazione dell’esotico, un sogno che affondava le sue radici nel simbolismo francese e nel Romanticismo. L’alterità, per Darío, era un ideale che si rifletteva in mondi lontani, nella mitologia, nell’Oriente, creando un universo poetico dove la realtà si dissolveva in immagini e musicalità perfette. Tuttavia, con il passare del tempo, questa ricerca si è fatta sempre più concreta e problematica, evolvendosi in una riflessione sull’identità culturale e storica dell’America Latina, soprattutto nei contesti postcoloniali e nei periodi di conflitto sociale.

Se Darío e i modernisti cercavano l’Altro nell’arte e nella bellezza, gli scrittori del Boom latinoamericano – come Cortázar, Vargas Llosa, García Márquez e Fuentes – hanno spostato questa ricerca su un piano più politico e storico. L’Altro non era più solo un sogno esotico o un ideale estetico, ma diveniva il passato coloniale, il potere oppressivo, il popolo in lotta per la sua autodeterminazione. In questa nuova fase, la letteratura diventa una lente per analizzare l’identità frammentata dell’America Latina e il suo rapporto con l’Europa e gli Stati Uniti, ma anche le disuguaglianze che segnano la sua storia. La ricerca dell’alterità si sposta quindi dall’estetica all’etica, dalla contemplazione all’azione, in un confronto diretto con le realtà di dittature, resistenza politica e utopie rivoluzionarie.

Un altro aspetto cruciale nella riflessione sull’alterità è dato dalla filosofia di José Ortega y Gasset, il quale, con il suo celebre principio Yo soy yo y mi circunstancia, sottolineava come l’identità dell’individuo fosse inseparabile dal contesto in cui vive. Questo concetto di “circunstancia” offre una chiave di lettura utile anche per comprendere come la letteratura ispanoamericana abbia affrontato il tema dell’identità. Non si tratta più di un’identità fissa, ma di un processo dinamico, in continua ridefinizione nel confronto con l’alterità. Ortega y Gasset ci insegna che la ricerca dell’alterità non può mai prescindere dalle condizioni storiche, sociali e politiche in cui si sviluppa, rendendo il soggetto in costante interazione con il proprio contesto.

Ortega y Gasset, inoltre, ha riflettuto anche sul cambiamento che ha subito l’arte moderna, teorizzando la sua “disumanizzazione”. Nel suo saggio La deshumanización del arte (1925), l’autore criticava il distacco dell’arte dalla realtà umana, una trasformazione che considerava come una sorta di fuga dalla dimensione quotidiana e sociale dell’esistenza. Secondo Ortega, l’arte moderna aveva smesso di parlare all’uomo comune, per concentrarsi invece su esperimentazioni formali e intellettuali. Pur riconoscendo l’importanza di un’arte che fosse capace di sfidare la tradizione, Ortega evidenziava come questa evoluzione comportasse un allontanamento dalle esigenze umane immediate. L’arte, da lui vista come una ricerca sempre in divenire, si allontanava dalla funzione comunicativa e di comprensione universale per diventare una ricerca puramente estetica.

Forse la domanda che dovremmo porci non è se viviamo ancora in una ricerca dell’alterità, ma quale forma essa debba assumere. La letteratura ispanoamericana ci mostra che l’Altro non è più solo un ideale astratto, ma una presenza storica e concreta, con cui è necessario confrontarsi. La nuova ricerca dell’alterità potrebbe non essere più solo un percorso estetico o spirituale, ma una necessità etica e politica, un atto di riconoscimento e di dialogo che ci permette di superare le semplificazioni e gli stereotipi. Più che un riflesso di noi stessi, l’Altro deve essere riscoperto nella sua complessità, per aprire la strada a nuove narrazioni condivise, che possano parlare al passato e al futuro.