Questa è una delle grandi contraddizioni della politica e delle relazioni internazionali. Ci sono diverse spiegazioni per questo fenomeno:

  1. La deterrenza – Molti paesi sostengono che un forte arsenale militare sia necessario per prevenire i conflitti. L’idea è che se un avversario sa che una nazione è ben armata, sarà meno incline ad attaccarla. È il principio della “pace attraverso la forza”.
  2. L’industria bellica e gli interessi economici – L’industria delle armi è un settore economicamente potente, con enormi investimenti e profitti. Gli stati spesso giustificano l’aumento delle spese militari come un modo per sostenere l’occupazione e la crescita economica.
  3. La sfiducia reciproca – Anche quando si parla di pace, molti governi diffidano degli altri attori sulla scena internazionale. Se un paese percepisce che un avversario si sta riarmando, si sente costretto a fare lo stesso per non rimanere indietro.
  4. L’instabilità geopolitica – In tempi di tensioni globali o di conflitti regionali, gli stati si preparano al peggio, anche se sperano nel meglio. Questo porta a una corsa agli armamenti anche mentre si dichiarano intenti pacifici.
  5. L’uso della forza come strumento diplomatico – Avere un esercito forte non significa solo difendersi, ma anche poter esercitare pressione nelle trattative internazionali. Molti paesi vogliono mantenere un ruolo di potenza militare per non perdere influenza politica.
  6. Il paradosso della guerra e della pace – La storia dimostra che spesso la pace non è un’assenza totale di conflitti, ma piuttosto un equilibrio tra le forze in gioco. Il riarmo può quindi essere visto come un modo per mantenere questo equilibrio, anche se rischia di alimentare nuove tensioni.

È una dinamica che si ripete ciclicamente nella storia. Paradossalmente, più si invoca la pace, più si cerca di garantirla attraverso le armi.