Charlotte si avviò col cane nella freschezza del mattino e si sentì liberata, anzi si godette profondi respiri liberatori… Certo le piacevano le serate in compagnia, ma qui le cose stavano per complicarsi pericolosamente… Non le era mai piaciuto cucinare e adesso avrebbe dovuto riprovarci? Quello era proprio il grosso ed il più ridicolo del problema… “Mangiare” non era solo alimentare il corpo, era un insieme complicato di filosofia, cultura, tradizione, civiltà… Le persone si assomigliano, ma in fondo, quanto sono diverse! D’altra parte, mancare la sua, forse ultima, occasione di essere felice solo per un aspetto cosi prosaico? Anche quello era peccato… Ma poi, con quegli ebrei che non festeggiano nemmeno le stesse feste, ci sarebbe due volte Capodanno, due volte Pasqua, due volte Pentecoste. Lui dovrebbe tollerare il Natale e lei? Chi sa quali stravaganze con settimane intere di preghiere e digiuni… Ma perché un ebreo? Allorché lei si sentiva una donna progressista, femminista, liberata, convinta atea, ecco che le capitava un ebreo a dir poco, antiquato… e, nel contempo, così affascinante… La controparte era seducente: tutti e due parlavano diverse lingue e ne conoscevano le rispettive letterature.

Si ricordavano le poesie latine. Ruben recitava frasi in greco antico. Charlotte pretendeva che lo yiddish proveniva dal fiammingo. Però, Ruben studiava l’ebraico antico e parlava quello moderno… Poter scambiare con una persona colta era una boccata di aria fresca. Con lui la musica sarebbe ritornata in casa. Anzi, con lui Charlotte sarebbe di nuovo andata ai concerti, alle mostre e chi sa, forse avrebbe ripreso gusto a viaggiare, visitare e magari andare in vacanza, fare passeggiate… Senza parlare del piacere di scoprire un’altra cultura, quella cultura ebraica che è all’origine della civiltà giudeo-cristiana… Pourquoi pas? Ma come far convivere quei pappagalli col suo cane? Da un uomo ci si può separare, ma da un cane, no e nemmeno da pappagalli… Si dovrebbe aspettare di rimanere vedovi lui dai suoi pappagalli e lei da suo cane… Ma quei pappagalli vivono cinquant’anni… A pensarci adesso, gli ultimi anni erano stati così tranquilli, benché si fosse tanto lamentata per la sua solitudine. Sì, era solitudine ma non era da sola. Aveva il suo cane. Dopo molti dispiaceri, col suo piccolo compagno, aveva ripreso gusto alla vita ed appunto per quello l’aveva chiamato “Chai”. Erano ben felici loro due… Felici al punto di non aver nemmeno più pensato alla possibilità di avere un uomo in casa, peggio: nel letto. Un uomo in casa non era uno sgarbo nei confronti di suo cane? Com’era complicato. E adesso? Santo Cielo, e adesso? Aveva tanto sperato “incontrare qualcuno”. Ora si vergognava di aver addirittura acceso un lumino nella cappella di Sant’Antonio, il santo degli oggetti smarriti. Sant’Antonio le aveva fatto trovare un uomo pieno di complicazioni. Pure i santi fanno scherzi da preti. Ora si trovava davanti ad una difficile scelta. Se accettava la bicicletta, ci sarebbe tantissimo da pedalare. Non le era mai piaciuta la bicicletta e non era per niente sicura di avere voglia di pedalare. Magari con un tandem… accidenti, accidenti… Comunque, per il minimo, si dovevano organizzare due camere da letto ben separate… Tutto quel trambusto, valeva la pena? Si poteva anche continuare a vivere, separati come prima e solo incontrarsi per qualche breve piacevole intermezzo…

Forse questo bizzarro energumeno l’avrebbe fatta ridere… Ridere? Già, ridere… Col passare degli anni, Charlotte aveva addirittura dimenticato di ridere come progressivamente aveva trascurato la raffinatezza nell’apparecchiare la tavola. Le posate d’argento erano rimaste nel loro scrigno ed i bicchieri di Val Saint Lambert nel loro armadio, non per paura di romperli, semplicemente per mancanza di gioia di vivere…

E i figli? Cosa direbbero i suoi figli? “Mamma adesso che è quasi ora di pensare ad andare al ricovero ti metti a far l’adolescente?”…

Ed i figli “di lui”?… “Quella strega ci mangia l’eredità…” Ma forse no. Magari sarebbero tutti contenti di vedere i vecchi genitori felici insieme, forse ancora per molti anni. Diventare una di quelle coppiette che passeggiano tenendosi per mano, chiacchierano sottovoce, zoppicano un po’, ma si sostengono a vicenda. Anche per i figli dovrebbe essere bello…

C’era altro. Da giovane, Charlotte aveva frequentato le montagne. Aveva arrampicato,fatto trekking, sci ed escursionismo. Quando aveva deciso di andare da sola, l’aveva fatto in modo quasi scientifico imparando l’utilizzo corretto di altimetro, bussola e cartine militari. Cosi aveva imparato ad avere fiducia in se stessa: camminare fin dove si vede il sentiero e scoprire progressivamente nuovi tratti. Certo: aver “fiducia in se stessa”, invece, nel contempo, aveva perso la fiducia negli altri. Aveva vissuto molte avventure. L’unica esperienze che ancora le mancava era la tenerezza, l’amore. Che la relazione con un’altra persona fosse più difficile che la scalata di una montagna? Insomma, Ruben era una persona abbastanza normale, non un negro, né un pellerossa, né un giallo. Facevano parte della stessa civiltà. Lui era un po’ più giudeo mentre lei era un po’ più cristiana. Eppure, sembrava davvero più difficile che scalare una montagna. Comunque, lei non sarebbe mai andata a vivere in città e lui non sarebbe mai venuto a vivere in valle. Ogni sera ed ogni mattina sarebbe andato a pregare nella sua sinagoga. Che idea. Come sarebbe possibile far convivere due persone così diverse e così lontane?…

Però avevano in comune la consapevolezza di essere tra gli ultimi superstiti di un mondo che stava scomparendo.

Charlotte girava e rigirava tutto ed il contrario di tutto. Era assurdo ed incoerente ma allettante. Forse era quella la sua ultima montagna da conquistare, l’ultima sfida, cioè l’amore sbarazzato dalle arroganze della gioventù, l’amore tenerezza… Osare la tenerezza…

Però, no, decisamente, no: lei non si sarebbe rimessa a cucinare; lei non sarebbe mai andata a vivere in città e lui non sarebbe mai venuto a vivere in montagna… Anche se queste barriere tra due persone erano ridicole, queste erano barriere. “Uomini e buoi dei paesi tuoi…”

Quando due ore più tardi si sedettero a tavola, sulla terrazza, per fare colazione, il sole era già alto nel cielo. I croissants erano ancora caldi e l’aria era profumata da pane alle uvette, pane integrale, una grande caffettiera di caffè arabica 100% ed una teiera di tè Earl Grey. Le tazzine di porcellana Queen’s contrastavano deliziosamente con l’atmosfera campestre.

Uccelli cantavano e le cince volteggiavano tra le palline di semi appesi appositamente per loro.

Non faceva molto caldo ma con un buon pullover si poteva far colazione fuori.

Si sedettero l’uno di fronte all’altro.

-“Buon appetito signor Benatar…” – disse Charlotte che non voleva fare commenti sulle prodezze avventurose della scorsa notte.

-“Non vuole chiamarmi Ruben…” – chiese Ruben che non osò aggiungere che dopo una notte così travagliata, i legami diventano più stretti…

-“Ma sì, potrei provare… se a lei fa piacere…”

-“E non potremmo darci del tu?”

Charlotte depositò la tazzina e guardò Ruben con sorpresa.

-“Ma quello, forse no… – disse pensierosa – nella mia vita, le persone che ho amate di più… non ci ho mai dato del tu…“

“… come il sussurro di una melodia di sottofondo che accompagna la meravigliosa sinfonia della vita…” aveva detto Ruben… molto più tardi…

“Peramanter” aveva concluso Charlotte.

Anna Lauwaert

Loco, 2004 – 22 novembre 2020,

festa di Santa Cecilia, patrona dei musicisti.

Illustrazioni:

dipinti ad olio su cartone telato 50×60 di Anna Lauwaert.

Copertina: Le mani che benedicono

Rosh haShanah la Ilanot – Capo d’anno degli alberi