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Il 13 luglio 1941 il conte Clemens August von Galen, vescovo cattolico di Münster, pronunciò la prima delle sue tre celebri omelie contro la tirannide nazista.
Il 3 agosto di quello stesso anno (terza omelia) dal pulpito della chiesa di san Lamberto il vescovo von Galem disse:
«Hai tu, o io, il diritto alla vita soltanto finché noi siamo produttivi, finché siamo ritenuti produttivi da altri? Se si ammette il principio, ora applicato, che l’uomo improduttivo possa essere ucciso, allora guai a tutti noi, quando saremo vecchi e decrepiti. Se si possono uccidere esseri improduttivi, allora guai agli invalidi, che nel processo produttivo hanno impegnato le loro forze, le loro ossa sane, le hanno sacrificate e perdute. Guai ai nostri soldati, che tornano in patria gravemente mutilati, invalidi. Nessuno è più sicuro della propria vita.» Parole riferite al piano nazista di soppressione sistematica di handicappati e invalidi.
Il colpo per il regime fu duro, perché il vescovo era una figura eminente e assai popolare. Il gerarca Martin Bormann, vicinissimo a Hitler, esplose: “Questo prete è un traditore. Dobbiamo impiccarlo!”
Von Galen tuttavia sopravvisse alla guerra. Pio XII lo fece cardinale ma poco dopo, nel marzo 1946, l’eroico prelato morì.
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