Liliane Tami
Le politiche di Vladimir Putin in Russia, a partire dalla sua ascesa al potere, si sono distinte per un forte impegno nel sostenere la famiglia tradizionale, il matrimonio e la natalità, in risposta a una preoccupante crisi demografica che ha visto una forte diminuzione della popolazione russa. Il governo ha messo in atto una serie di incentivi economici e sociali per stimolare la crescita della natalità, tra cui il famoso programma della “maternità capitale”, introdotto nel 2007. Questo sistema di incentivi prevede un sostegno finanziario diretto alle famiglie che hanno più di un figlio, nonché un insieme di politiche che mirano a migliorare le condizioni economiche e sociali delle famiglie numerose. Inoltre, Putin ha cercato di legare la promozione della famiglia alla difesa dei valori conservatori, in opposizione alle tendenze di emancipazione e ai cambiamenti sociali che caratterizzano molte società occidentali.
Sul fronte delle politiche familiari, la Russia ha adottato anche misure per incoraggiare la stabilità matrimoniale, come il sostegno alle famiglie tradizionali e la promozione di una cultura che vede nel matrimonio una base solida per la società. La politica del governo russo è indirizzata a preservare e rafforzare l’unità della famiglia come nucleo fondamentale della società. Queste politiche, benché oggetto di critiche da alcune fasce progressiste, sono riuscite in parte a fermare la discesa della natalità, ma non hanno completamente risolto il problema della diminuzione della popolazione.

L’Occidente, al contrario, sta vivendo una crisi demografica segnata da bassi tassi di natalità e da una crescente denatalità, con paesi come l’Italia e la Svizzera che affrontano una situazione particolarmente critica. Le donne italiane e svizzere tendono a fare pochi figli, in parte per motivi economici, ma anche a causa di un modello di vita sempre più individualista e incentrato sulla realizzazione professionale e personale. La difficoltà a conciliare lavoro e vita familiare, unita all’incertezza economica e alla mancanza di adeguati supporti sociali, ha contribuito a far calare la natalità. In Italia, in particolare, il tasso di natalità è tra i più bassi del mondo, con le famiglie che tendono ad avere, in media, meno di 1,3 figli, ben al di sotto del livello necessario per garantire il ricambio generazionale.
La denatalità e il crescente individualismo sono anche un riflesso di un vuoto esistenziale che caratterizza molte società occidentali. La ricerca del benessere materiale e il perseguimento dell’autosufficienza individuale possono portare a una crescente solitudine, a una mancanza di coesione sociale e a una disconnessione dalle tradizioni e dai valori che, storicamente, hanno sostenuto la vita familiare. La solitudine crescente, infatti, si accompagna a un maggiore ricorso a psicofarmaci, tra cui antidepressivi, utilizzati per fronteggiare la tristezza e la sensazione di vuoto che molte persone provano nella società moderna.
A fronte di questi problemi, alcuni suggeriscono che una maggiore attenzione alla spiritualità e alla coesione sociale potrebbe essere un antidoto al senso di isolamento e alla crisi familiare. La religione, in particolare, ha svolto un ruolo fondamentale nel rafforzare la solidarietà comunitaria e nel promuovere la famiglia come cellula vitale della società. La coesione sociale, basata su valori condivisi di cura reciproca, rispetto e aiuto alle famiglie, può favorire un ambiente più favorevole alla crescita demografica. Le politiche che incoraggiano un maggiore impegno nella vita familiare, con un sostegno sociale più robusto e una rinnovata attenzione ai valori spirituali, potrebbero rappresentare una risposta più efficace alla crisi demografica.