Indro d’Orlando │
Il caso Le Pen sta creando l’occasione per insistere nuovamente sulla necessità di un buon discernimento etico civile, del tutto essenziale per ogni cittadino.
Stando alle informazioni ufficiali comunicate dai giornali, la signora Le Pen, fino a prova contraria, è ritenuta colpevole di un reato di corruzione.
In merito alla questione, conviene ricordare che i fatti possono essere confutati solo da coloro che possono leggere la sentenza e gli atti del processo.
Quindi l’appropriazione indebita di fondi pubblici europei della signora Le Pen è di quasi 5 milioni di euro. Soldi sottratti dalle casse del Parlamento europeo.
E’ oggettivamente grave.
Ora la questione che ne occulta la gravità si focalizza sull’esecuzione della condanna.
Parlare di manipolazione politica del sistema giudiziario francese condannando la sentenza e minimizzando al contempo la manipolazione fraudolenta dei fondi europei non è un discorso intelligente e nemmeno etico.
Nel caso Le Pen c’è chi afferma un eccesso di giustizia in quanto il provvedimento impedisce la partecipazione alle elezioni presidenziali.
La critica mette in evidenza un punto preciso: come è possibile che una sentenza non definitiva possa comportare l’applicazione anticipata della pena?
La risposta sta in una legge esistente in Francia dal 2016 per contrastare la corruzione.
E’ giusto privare un cittadino della presunzione d’innocenza che dovrebbe prevalere fino alla sentenza definitiva?
Se il cittadino si propone alla guida di una nazione e si macchia di corruzione, la risposta è sì.
Qui deve prevalere l’interesse pubblico su quello del cittadino. Questo significa dare la priorità alla giustizia rispetto alla politica. E chi vuole il contrario non capisce che la politica democratica ha senso se e solo se è una politica che si attua nel pieno rispetto della giustizia e a favore della giustizia tra i cittadini. Una politica veramente democratica mira al bene comune e non solo al bene di pochi. E questo bene comune non si ottiene senza giustizia sociale.
E’ giustizia sociale impedire che una persona malintenzionata possa fare danni alla collettività? Sì.
La signora Le Pen non è una comune cittadina. Il privilegio dell’immunità invocata dai suoi difensori lo dimostrano. Se fosse una cittadina qualunque, di certo non parteciperebbe alle presidenziali.
La signora è una possibile futura Presidente di uno stato democratico e repubblicano. Di conseguenza la sua figura deve essere un esempio irreprensibile e coerente con la figura che intende incarnare.
La signora Le Pen si era sempre battuta contro coloro che si erano macchiati di reati contro l’amministrazione ed in particolare per appropriazioni indebite ed illecite di fondi pubblici.
Dunque, è sconcertante constatare anzi tutto l’evidente incoerenza tra le sue parole e i fatti.
Chi scrive non ritiene di poter esprimersi sull’operato della giudice che ha sancito la sentenza. E molti che commentano non dovrebbero dimenticare che per contestare un fatto sono necessarie delle prove per poterlo fare, soprattutto quando le prove che confermano il fatto che si vuole contestare sono reali e non immaginarie.
Conta la realtà e non la percezione della realtà nei fatti giudiziari.
Pretendere un’immunità rispetto a fatti così gravi manifesta una volontà di ritornare ai privilegi aboliti dallo stato di diritto, privilegi che negano la giustizia ed il bene comune.
Per certi commentatori della questione Le Pen, solo il voto popolare ha il diritto di sanzionare le derive e i delitti degli eletti legittimati dal voto popolare medesimo.
Ma, questo, è oclocrazia non è democrazia repubblicana.
Un principio fondamentale ed irriducibile affinché la giustizia venga mantenuta è l’uguaglianza davanti alla Legge. A maggior ragione se l’imputata è destinata a rappresentare uno stato di diritto e se le sue azioni rischiano di comprometterlo.
Dunque se, fino a prova contraria, la condanna è reale perché fondata su fatti realmente accaduti occorre riflettere con preoccupazioni sulle voci che corrono diffondendo un senso di stima e solidarietà per una figura politica che non se le merita più.
Una figura politica deve essere un punto di riferimento non solo politico, ma, anzi tutto, virtuoso, quindi etico.
Il rischio che comporta il principio cardine delle democrazie liberali, ossia la soddisfazione della gente, è l’oclocrazia, ovvero la dittatura dei desideri dei più numerosi.
Il potere giudiziario ha proprio il compito di monitorare questo rischio ed evitare derive populiste e dittatoriali.
Il potere giudiziario è il garante dei diritti fondamentali e non dei capricci del momento.
E questo rischio è stato molto probabilmente avvertito da un tribunale – a conoscenza dei fatti – che ha ritenuto necessaria l’esecuzione provvisoria data la gravità della questione.
Una guida politica di alto livello, se come tale, vuole porsi alla guida di uno stato di diritto deve essere irreprensibile soprattutto nell’ambito che le compete: il buon governo.
Ora il dibattito si è principalmente focalizzato sull’esecuzione provvisoria della condanna, ed è preoccupante perché sta occultando il problema reale e più rilevante: la corruzione presente nel mondo politico di alto livello.
Qui il problema non è solo politico, è anche e soprattutto etico: voler occultare un problema così grave cosa sta a significare?
Questa è una domanda importante che occorrerebbe affrontare.
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