di Francesco Pontelli – Opinioni – 10 Aprile 2025
L’inflazione rappresenta un detestabile fenomeno economico attraverso il quale la maggior parte dei lavoratori a reddito fisso, per i quale è impossibile adeguare immediatamente le proprie retribuzioni all’aumento del costo della vita, vede diminuire il proprio potere di acquisto a causa dell’aumento dei prezzi al consumo.
A questa definizione, tuttavia, se ne dovrebbe aggiungere un’altra sempre in relazione alla nascita del fenomeno inflattivo e relativo e più specificatamente relativo alla propria genesi: cioè se esogena o endogena.
Quando l’inflazione trova la propria origine in un eccesso della domanda, come espressione di un economia in forte crescita, produce un aumento dei prezzi che viene combattuto attraverso l’aumento del tasso di interesse con l’obbiettivo di raffreddare appunto il surplus di domanda (1. genesi endogena).
Tuttavia in Europa e specialmente in Italia l’inflazione presenta una origine assolutamente diversa, in quanto si è generata e sempre più rafforzata già immediatamente dopo il covid, dalla esponenziale crescita dei costi energetici come di tutti i prodotti di prima necessità in particolare quelli alimentari (2.causa esogena).
In questo secondo scenario economico, allora, anche la strategia monetaria che si traduce nel classico aumento dei tassi di interesse non riesce ad ottenere alcun raffreddamento della spirale inflattiva.
Anzi, paradossalmente, invece, non fa che che accrescere gli effetti della crisi generati appunto da un’inflazione di natura esogena.
Viceversa se si intendesse veramente attenuare gli effetti disastrosi dell’inflazione l’unica opzione sul campo rimarrebbe quella di introdurre una diminuzione delle accise sul carburanti come dell’IVA applicata alle bollette energetiche, le quali determinerebbero l’immediato beneficio di accrescere , magari minima misura, il potere d’acquisto o quanto meno di fermarne l’erosione.
L’idea viceversa presentata dal v.ministro Durigon, cioè di un adeguamento automatico delle retribuzioni al tasso di inflazione, non fa che aggiungere una terza origine inflattiva che in questo caso si potrebbe definire di definire istituzionale (3. governativa).
Questo adeguamento automatico, una versione post moderna e digitale della scala mobile degli anni 70/80, la cui riedizione avrebbe inoltre il grande vantaggio per il governo di mantenere inalterata la propria politica fiscale (2025 pressione fiscale al 50,6% +1,3%) ma soprattutto di fornire nuova linfa al Fiscal drag e quindi addirittura di aumentare le entrate fiscali sic et nunc.
Oltre ovviamente a liberarlo ancora una volta dalla responsabilità di introdurre una decente politica di sgravi fiscali finalizzata all’attenuazione degli effetti della spirale inflattva, paradossalmente ora in parte dallo stesso governo generata.
In più, in questo modo il governo scaricherebbe interamente sulle aziende e sulle famiglie ogni adeguamento causato dai fenomeni inflattivi, le cui cause fino a ieri erano identificabili ai punti 2 e 3, ai quali ora si aggiunge anche la genesi governativa (3).
Il paradosso della sintesi inflattiva determinata dai punti 2 e 3 viene tristemente rappresentato dalla certezza di un periodo di recessione economica e di una contemporanea riduzione dei consumi ma di una crescita delle entrate fiscali grazie alla strategia a favore del mantenimento della crescita dell’inflazione (punto 3.) espressa dal governo in carica e preferita alla invece responsabile diminuzione della pressione fiscale.