di Tito Tettamanti
Eric Hobsbawm, marxista e grande storico, è l’autore di un’opera di successo dal titolo “The Age of Extremes”. In italiano: “Il secolo breve”. Molto appropriata la traduzione, potremmo dire persino “due secoli in uno”.
Nel 1900 abbiamo avuto una guerra durata praticamente trent’anni (1915-1945) con sofferenze, morti e distruzioni, conosciuto il successo terrificante delle dittature comuniste, naziste e fasciste, regimi autarchici in più nazioni, compresa la Francia di Vichy. Una macchia su tutto: i campi di sterminio per gli ebrei e la loro persecuzione, senza dimenticare i gelidamente crudeli Gulag.
Con il 1945 si apre una nuova era in Europa, quella della democrazia senza esclusione di classi e il voto alle donne in Francia e Italia. Alla costituzione del nuovo quadro istituzionale hanno contribuito prevalentemente due forze politiche, quelle conservatrici-democristiane e quelle social-democratiche. Accordatesi, sia pure con accenti diversi, nel risolvere tre maggiori problemi della società: l’assistenza alla vecchiaia, agli ammalati, ai disoccupati.
L’opposizione era rappresentata dai comunisti, con due potenti partiti in Francia e Italia, finanziati da Mosca. L’efficienza della nostra democrazia nel creare benessere ha avuto la meglio: è caduto il muro di Berlino (1989), due anni dopo l’Unione Sovietica si è dissolta, liberando la parte orientale d’Europa.
Francis Fukuyama nel 1992 ha tirato le somme e ha decretato la fine della storia con la vittoria delle democrazie liberali. Nell’euforia e distratti non ci siamo resi conto che stava nascendo una nuova cultura di sinistra, conscia del fallimento del despotismo comunista e della sua inefficienza ma ancor più critica verso la società consumista ritenuta figlia del capitalismo
I suoi teorici, con Marcuse capostipite, hanno capito che non era la classe operaia, meno importante e nel tempo imborghesita, che avrebbe portato alla rivoluzione, nel senso di rovesciamento del quadro istituzionale in atto, ma che il sostegno dei loro disegni sarebbe venuto dai discriminati (veri o ipotetici) e dai loro rancori. Con l’appoggio delle classi medie, medio alte, urbanizzate intellettualizzate e ansiose di dimostrarsi progressiste. Lo hanno anticipato e il quadro si è realizzato nel 2000.
La seconda parte del 1900, praticamente un secolo a sé, quello dello sviluppo economico eccezionale, della pace tra i paesi, di un rapporto più equilibrato tra potere statale e individuale, è giunta al termine e si è aperto il 2000, il nuovo secolo. Le teorie tendenti al sovvertimento del nostro mondo democratico, la rivoluzione odierna, si sono diffuse.
Sono ritornati scontri astiosi tra le parti, i partiti social-democratici hanno lasciato il posto ai progressisti di sinistra, le istanze dei discriminati (effettivi o ipotetici) sono accompagnate talvolta da espressioni di fanatismo e di esclusione di ogni possibile dibattito. In pochi decenni è venuta a galla una società nuova, spesso in contrasto con le caratteristiche dominanti della cultura della civiltà occidentale. La famiglia – architrave del nostro sistema – si è sfasciata, il matrimonio è sentito quale ostacolo alla libertà, la denatalità è voluta, l’educazione e formazione dei giovani si basa su nuovi concetti che mortificano la competenza, la genetica è messa in dubbio, cultura e storia hanno perso valore e criticate grossolanamente con il “cancel culture”, l’esprimersi è condizionato da ridicole forme di “politically correct” e si vuole cambiare la scrittura, le immigrazioni ci pongono problemi affrontati ideologicamente ignorando le conseguenze, la sessualità si batte tra condizionamenti bigotti nelle espressioni e pratiche di libertinaggio.
Assistiamo ad una decadenza della civiltà che precede il passaggio ad altre forme di società? L’intelligenza artificiale (IA) sarà la terza rivoluzione dell’umanità dopo quella agricola e quella industriale? Nel contempo è riapparsa quella che noi (salvo che per il dissolvimento della Jugoslavia comunista) avevamo dimenticato: la guerra.
Putin invade l’Ucraina e ormai da tre anni soldati e civili soffrono e muoiono.
Nei primi 25 anni del 2000 si è cercato di imporre una nuova società sconvolgendo molti dei valori tradizionali, fanatizzando istanze pur legittime, non accettando il dibattito (l’intolleranza predicata da Marcuse). Negli USA, partendo dalle università, si è arrivati a sostenere che chi è bianco, eterosessuale, cristiano è necessariamente razzista e che il rimedio per raggiungere l’equilibrio sta nel privilegiare le altre classi ignorando il merito. A chi contrasta tali principi o le tesi dei discriminati viene violentemente vietato di parlare. È successo anche in università svizzere. Questi estremismi troppo spesso non contraddetti per inerzia e paura hanno raggiunto punte isteriche e per finire causato la reazione: una controrivoluzione. Una in Europa con il successo dei partiti di destra, opposti all’immigrazione senza regole e a politiche stataliste che contrabbandano i sinistrismi woke. L’altra negli USA, dove l’atteggiamento di università, media, mondo intellettuale in genere, rivendicazioni cervellotiche, nuove discriminazioni contrabbandate per lotte democratiche, funambolismi intellettualoidi hanno sicuramente favorito la reazione che ha condotto al potere Trump, inconsciamente alla testa di una controrivoluzione con i relativi possibili eccessi e pericoli anche economici. Venticinque anni che sembrano già un secolo.
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