A Castagnola, sopra Lugano, accanto alla suggestiva chiesa di San Giorgio, con una vista che si perde sulle acque del Ceresio, Rinaldo Invernizzi, in collaborazione con Don Adam Kowalik, ha dato vita a un’esposizione unica nel suo genere.

Quaranta opere, quaranta soglie aperte verso il mistero, tutte unite da un simbolo potente: la porta. Un tema denso di significato che richiama il Giubileo e la figura di Cristo, il quale ha detto: “Io sono la porta. Se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Gv 10,9). In queste parole risuona la promessa di una soglia spalancata verso la vita eterna, un passaggio obbligato che non è solo un luogo fisico, ma un attraversamento dell’anima. Questa visione rieccheggia nelle opere dell’artista, come un invito alla contemplazione e al trascendente.
La porta, nei Vangeli, è più di un semplice varco: è un simbolo, un invito, una soglia che separa il profano dal sacro, il mondo visibile dal Regno invisibile.
Eppure, quella porta non è sempre ampia, né facilmente accessibile. In un altro passo, il Vangelo di Luca ammonisce: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno” (Lc 13,24). Qui la porta si fa esigente, un varco che non si attraversa con leggerezza, ma con fatica e conversione. È l’immagine della soglia che richiede abbandono e purificazione, il passaggio dal sé terreno al sé redento.

Entrare per la porta stretta è un viaggio interiore, una traversata nel mistero di Dio, che si apre a chi ha il cuore umile e lo spirito disposto a perdere tutto per guadagnare il Tutto. La porta è il limite tra il già e il non ancora, tra il tempo e l’eternità, tra il peso della carne e la leggerezza della grazia.
Le opere di Rinaldo Invernizzi si collocano proprio su questa soglia, catturando nel colore e nella forma la tensione tra l’uomo e l’Infinito. La sua arte non è statica, ma un invito al cammino: ogni opera, realizzata con tecnica mista su carta bianca e incorniciata di nero, è un passaggio, ogni segno un’apertura verso la rivelazione. E così, attraverso le sue porte, ci troviamo anche noi davanti a una scelta: rimanere fuori o varcare la soglia, cercando nella luce dell’oro, nell’abisso del nero e nell’immensità del blu quel Dio che sempre ci attende.
Le sue opere non si limitano alla rappresentazione artistica, ma interrogano lo spettatore, lo chiamano a riflettere, a varcare una soglia interiore. Occhi enigmatici emergono dalle tele, evocando la visione interiore e il divino che osserva e accoglie. Versetti del Vangelo di Giovanni si intrecciano alle pennellate, diventando preghiera e rivelazione, parole che si fanno immagine, icona, presenza viva.
Non è la prima volta che Invernizzi sceglie luoghi sacri per le sue esposizioni. La sua mostra nella Cappella Portinari ne è stata un esempio sublime: arte e spiritualità si sono fuse in un dialogo profondo, capace di toccare l’anima. Invernizzi ha alle sue spalle una lunga e solida carriera da artista: i suoi cataloghi d’arte, infatti, sono stati editti da case editrici importanti, come Arca edizioni.

Ma la sua ricerca artistica va oltre la tela. Il suo percorso di vita lo porta ora verso una nuova chiamata: il diaconato permanente. Un cammino che sembra il naturale proseguimento della sua arte, perché chi dipinge il trascendente non può che cercarlo anche nel servizio agli altri.
Con la sua mostra sulla porta, Rinaldo Invernizzi non solo dipinge, ma invita a varcare la soglia del Mistero, ad aprirsi alla luce, a rispondere a quell’appello eterno che riecheggia nel cuore dell’uomo. E le sue opere restano lì, come varchi silenziosi, in attesa di chiunque voglia attraversarli.
I ricavi della mostra, inoltre, vengono devoluti all’Associazione Svizzera Sud Sudan, che aiuta i bambini di Giuba.


Dott.Ssa Liliane Tami