Il pensiero del giorno

LEGGERE FICHTE NELL’EPOCA DI TRUMP

Attualità de “lo stato commerciale chiuso”

di Fabio Traverso  | 

Il dibattito politico-economico internazionale è focalizzato sulle politiche protezioniste del presidente Usa Donald Trump, ovvero sull’aumento di dazi doganali alle importazioni di merci negli Stati Uniti da parte di paesi terzi tra cui l’unione Europea : secondo la stampa mainstream (che assiste attonita allo sgretolamento del mondo nato negli anni 90 del secolo scorso dagli accordi di Davos)  queste misure avranno effetti catastrofici sull’economia europea, al contrario è facile prevedere che il neo-protezionismo trumpiano sortirà invece l’effetto opposto di stimolare la domanda interna e l’aumento dei salari  sia negli Usa che nel resto del mondo , dal momento che le imprese, limitati i propri sbocchi commerciali all’estero , dovranno indirizzarsi verso il mercato interno.

Fichte

Alle stesse conclusioni era giunto , oltre due secoli or sono, il filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte nella sua opera “lo stato commerciale chiuso “ in cui descrive gli effetti nefasti di quella che definiva “anarchia del commercio” e che oggi verrebbe definita “globalizzazione” ossia il liberoscambismo divenuto ideologia delle elites dominanti.

Di tutti i giganti del pensiero speculativo a cavallo tra XVIII e XIX secolo Fichte è forse quello più meritevole di stima , non solo intellettuale ma morale: alla vigilia della battaglia di Lipsia Fichte si presentò al cospetto degli studenti del suo corso universitario in divisa da ufficiale dell’esercito prussiano volendo dare ai giovani un chiaro messaggio pedagogico: quando la patria chiama anche il dotto, anche l’uomo di pensiero ha il dovere di rispondere .

L’impegno civile di Fichte emerge nel libro citato ove si tratteggia l’idealtipo di una stato che, limitando il più possibile gli scambi commerciali da e verso l’esterno, è in grado di garantire il benessere e la piena occupazione del popolo, il lascito di Fichte , che non era un economista ma un filosofo, venne poi raccolto da una generazione di economisti tedeschi , da List a Lassalle , capaci di influenzare significativamente le politiche economiche del loro paese influendo su un conservatore illuminato come Otto Von Bismark.

Lo “stato commerciale chiuso” risale al 1800, nell’Europa di allora la rivoluzione francese aveva abolito le corporazioni , i controlli doganali , i calmieri sui prezzi e si accingeva, ereditata dall’impero napoleonico, a creare le basi di un super-stato continentale basato su militarismo in politica estera e liberismo in economia ossia esattamente il contrario di quanto si proponeva Fichte.

Otto Von Bismark

Sono oggi passati  anni e, naturalmente , sono cambiate molte cose ma parlando di scambi commerciali la dicotomia è ancora quella tratteggiata dal filosofo tedesco, quella tra stati nazionali sovrani in cui i diritti dei cittadini sono tutelati e un superstato globale in cui il cittadino, privo della tutela della famiglia, della corporazione , dello stato  , è ridotto ad atomo nudo davanti a un Leviatano onnipotente.

Che poi tale Leviatano, due secoli or sono come oggi, assuma vesti ideologiche “progressiste” è  un infingimento che non deve stupire ma che dev’essere smascherato: è in ultima analisi la “missione del dotto “ di cui scrisse lo stesso Johann Fichte.

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Relatore

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