di Indro d’Orlando
Con il piano “Riarmare l’Europa” Il tema della guerra è ritornato a farsi reale per gli Europei e, quindi, anche per gli Svizzeri.
Infatti, il 4 marzo 2025 la Commissione europea ha presentato un piano che prevede la mobilizzazione di circa 800 miliardi di euro per la difesa dell’Europa. Ed il vertice europeo del 6 marzo passerà molto probabilmente alla storia: i 27 paesi dell’UE hanno deciso di riarmarsi.
A 68 anni soli dai trattati di Roma per la riconciliazione dell’Europa distrutta dalla guerra mondiale, eccoci dunque nuovamente in un’epoca di vibrante corsa agli armamenti: come ha ricordato il presidente francese Macron nel suo discorso del 5 marzo, la guerra è alle porte dell’Europa. Il piano del riarmo è un chiaro messaggio: l’Europa non può essere spettatrice della storia, in balia dai venti della geopolitica internazionale: dunque, all’Europa servono investimenti imponenti.
Molti sono convinti che sia necessario. Ma siamo sicuri? Sicuri di sapere che cosa sia veramente la necessità del momento storico?
Già tra il 2020 e il 2024, i paesi europei che fanno parte della NATO hanno raddoppiato le importazioni di armi rispetto al periodo 2015-2019.

Sempre nello stesso periodo, la Francia è diventata il secondo maggior fornitore d’armi al mondo. L’Europa non ha la potenza militare degli Stati Uniti. Giusto. Nondimeno l’Europa ha un notevole potenziale che molti non conoscono o fingono di non conoscere. Anzi tutto occorre ricordare che gli eserciti europei sono tra i migliori al mondo: tanta esperienza, competenza, ottimamente organizzati e avanzati. Attualmente l’Europa spende all’incirca 400 miliardi di dollari per la difesa.
Per quanto ne sappiamo la Russia solo 100 miliardi circa. L’Unione europea ha mezzo miliardo di abitanti ed un prodotto interno lordo paragonabile a quello degli Stati Uniti per un totale di 24 mila miliardi di dollari. Quindi i fondi di certo non mancano.
Sempre in merito alla difesa, l’industria germanica è di gran lunga sufficiente per armare l’intero continente e lo scudo atomico garantito dalla Francia e dal Regno Unito può sostituire quello statunitense. Tutti i paesi membri dell’Unione europea riuniti possono contare su circa 2 milioni di soldati.
Sono numeri tutt’altro che irrilevanti. A tutto ciò delle voci rispondono che la Russia potrebbe chiedere un aiuto alla Cina per potenziare significativamente il numero di soldati nonché i propri armamenti. Un sano e sensato realismo risponde a queste dicerie che difficilmente il governo cinese comprometterebbe le sue relazioni con l’Europa, ovvero il suo
più importante partner commerciale (nel 2024 l’Europa ha rappresentato per la Cina all’incirca 516 miliardi di dollari). Pertanto, sorge una domanda: all’Europa servono davvero più armi ed un progetto così costoso per un piano di difesa, quando i dati a disposizione parlano chiaramente di un’Europa tutt’altro che debole ed inattuale? E davvero che la Svizzera debba pure contribuire? Niente di più falso considerando la neutralità della Confederazione elvetica e le disponibilità economiche, belliche, logistiche ed industriali di cui gode l’Unione europea. In realtà questo progetto “Riarmare l’Europa” sta manifestando un altro tipo di debolezza.

Le armi sono indubbiamente importanti per difendere una nazione o un insieme di nazioni. Ma a muovere le armi sono uomini. E cosa muove l’animo degli uomini? In realtà un progetto militare di riarmo può nascondere una profonda fragilità a livelli più sottili e profondi della realtà, ma non meno importanti.
Il rapporto annuale della Stockholm International Peace Research Institute presentato il 10 marzo 2025 mette in evidenza punti di criticità da non sottovalutare. Conviene leggerlo.
L’Europa è realmente pronta per un progetto di riarmo così importante? Forse la vera minaccia non proviene dall’esterno come si tende a pensare o a far credere. I sistemi democratici si palesano sempre più fragili ed incapaci di rispondere
alle sfide dei tempi presenti nelle proprie realtà nazionali: i popoli soffrono un degrado della vita umana e culturale in continua espansione nei vari ambiti statali e socio economici. Basti pensare alla crescita esponenziale del disagio nelle sue variegate forme: urbano, urbanistico, scolastico, all’aumento della povertà, della disoccupazione, al consumo sempre più diffuso di sostanze stupefacenti.
Si palesa sempre di più il fatto che gli Europei si stanno indebolendo nella loro dimensione personale, culturale, familiare, economica. Le persone in Europa che stanno male sono sempre di più e sono tante, troppe.
Questa è la guerra più pericolosa che stiamo vivendo: la perdita del nostro fattore umano. Rispetto a tutto ciò l’Unione europea manifesta attualmente un’evidente mancanza di realismo, di presa di coscienza, manca un’effettiva capacità
decisionale coesa, efficace ed aderente alle reali esigenze delle persone,
rispetto alle quali L’UE risponde con grandi progetti come quello della Von der Leyen e quello di Draghi: ma a dire il vero sono manifestazioni di forza che vogliono mascherare una situazione di grande debolezza.

Il sistema politico europeo è storicamente ricco di valori ma oggi ideologicamente debole, dilaniato e consequenzialmente poco efficace. L’Europa attuale come l’antica Roma del IV secolo è diventata un gigante ai piedi d’argilla. Forse che l’antico Occidente stia per inabissarsi per sempre? Il sabotaggio interno è in corso da tanti decenni: gli Europei sono diventati cittadini e patrioti poco convinti, indeboliti dalle disillusioni, dalla vita precaria, gli ideali ed i valori sono diventati fiacchi perché ormai ritenuti vani ed inutili per la realizzazione individuale, sociale ed economica.
L’uomo europeo non sa più combattere perché non sa più per che cosa combattere, quindi non combatte più da molto tempo: e qui intendo quella sana e fondamentale lotta intellettuale, culturale e spirituale per un ideale di civiltà di alto livello di sviluppo umano.
L’Unione europea non ha mai avuto un esercito e per formarne uno non basteranno i soldi e le armi. A combattere sono sempre uomini, anche se le guerre saranno sempre più tecnologiche. Gli Europei, se debbono formare un esercito necessitano una coesione che il denaro e l’armamento non possono creare astrattamente. L’unione dei popoli è necessaria per qualsiasi tipo di riarmo europeo.
La questione dell’unità è di fondamentale importanza nel contesto attuale e senza il fattore umano, una tale unità non può farsi. Il rapporto di Draghi letto pochi giorni fa al Parlamento italiano afferma la necessità di dover costruire un’Europa forte e coesa perché ogni suo Stato è forte solo se è insieme agli altri e solo se è coeso al suo interno. Per arrivare a ciò Draghi asserisce la necessità di una centralizzazione delle decisioni: “l’Europa dovrà dunque agire come se fosse un solo Stato.”
Qui il rischio di creare un Leviatano politico economico è reale. In questa ottica, il pericolo di obliare la gente, i popoli e le culture in una massa confusa, indistinta di mezzo miliardo di cittadini in un progetto sistemico europeo diventerebbe un traguardo purtroppo logico e fatale.
Voler arrivare ad un riarmo che forse verrà finalizzato in un esercito europeo di un futuro grande Stato europeo, come evidentemente vorrebbero realizzare i progetti uniti di Von der Leyen e di Draghi, è ciò che realmente chiedono i tempi presenti? Si tratta veramente della migliore soluzione allorché vediamo quanto poco solido e convincente è diventato oggi il progetto di un’Unione europea iniziato con grandi aspettative che sono state nel tempo vanificate dalla realtà dei fatti: paesi come l’Italia sono l’emblema di un progetto europeo fallito in cui singoli Stati sono diventati man mano sudditi impoveriti di un sistema sovranazionale.
Se l’obiettivo, come evidenzia il rapporto di Draghi, è d’iniziare un percorso che porterà l’Europa a superare i livelli nazionali e a competere con le grandi potenze, è curioso notare che l’unica intelligenza citata con forza nel rapporto è quella artificiale, mentre sulla risorsa fondamentale per ogni grande sviluppo di civiltà umana il rapporto tace: il recupero dell’umanesimo e lo sviluppo della cultura europea dell’uomo.
Da questa cultura dell’umano e non da altro – da sempre – è nata l’iniziativa individuale, l’innovazione, la creazione, la crescita economica, sociale e politica e la diffusione nel mondo di valori universali europei occidentali a favore dello sviluppo umano.
L’ultimo rapporto Best WorkPlaces Italia 2025 di Great Place to Work, rivela che il paradigma dell’IA sta pericolosamente occultando un fatto cruciale: la componente umana è in realtà il perno di ogni tipo di sviluppo associativo o competitivo significativo in tutti i settori. In questo rapporto, i grandi leader aziendali riconoscono come il fattore umano costituisca l’irriducibile risorsa chiave per lo sviluppo tecnologico ed economico.
In poche parole il rapporto sta dicendo che sono sempre le persone a fare la differenza soprattutto in un’epoca in cui l’IA rischia di standardizzare le modalità e forme d’innovazione. Il rapporto quindi parla chiaro.
Sono considerazioni che nessun politico lucido e consapevole dell’esperienza concreta maturata nei vari settori può relativizzare se non vuole misconoscere e travisare la realtà dello sviluppo. Il fattore umano rimane dunque, anche oggi, la chiave di volta dell’intero edificio sociale, economico e culturale. Alla luce di queste considerazioni diventa logica la comprensione delle reali necessità del momento storico: ritornare all’Uomo come fattore di sviluppo e di forza reale.
Il riarmo dell’Europa ed il nuovo ciclo d’innovazione ampio e vitale di cui parlano i progetti di Ursula von der Leyen e di Mario Draghi – e di coloro che entrambi rappresentano – non sembrano cogliere l’importanza di questo fattore umano.
Non ne parlano. Perché?
Questo silenzio è più preoccupante della guerra che sta a giustificare l’impellente bisogno di ricreare un assetto europeo competitivo e militarmente forte. Che cosa può giustificare una guerra se non la difesa del fattore umano inteso in senso umanistico, etico, morale e spirituale?
E perché questi grandi progetti europei non ne parlano?
Per comprendere la posta in gioco è fondamentale ricordare non solo contenuti come quelli presenti nel rapporto Best Work Place 2025, ma
soprattutto ritornare alle riflessioni e meditazioni che grandi pensatori fecero sull’arte della guerra e la necessaria riforma dell’Uomo, quest’ultima ritenuta irriducibilmente congiunta alla riforma delle armi.
Uno di essi è il fiorentino Niccolò Machiavelli.
L’attualità del suo pensiero, nonostante i secoli che ci separano dall’epoca sua, è continuamente ribadita da intellettuali, filosofi, esperti di politica. Gli argomenti che rendono le sue pagine tuttora di notevole interesse sono tanti, ma, nell’ottica dell’articolo, uno di essi – a dire il vero quello centrale e fondamentale di tutta la meditazione di Machiavelli – merita una particolare attenzione: come impedire che la bestialità prevalga sull’Umanità.

Qui sta tutto il problema della guerra: se la guerra diventa necessaria, come evitare che essa possa annichilire l’Umano, l’essenza dell’Umanità e della Civiltà?
Per Machiavelli la politica non può annullare e rimediare la natura animalesca dell’Uomo. Anzi, il fiorentino è consapevole che la politica – molto spesso – usa questa natura ferina degli uomini, facendone un mezzo per i propri fini, per la propria ambizione.
Sia nel Principe che nei Discorsi, Machiavelli chiarisce che se la politica finge che la natura umana, quella ferina, possa essere educata, rimediata tramite l’arte politica, una tale politica è destinata a fallire precipitando nella politica bestiale di tutti contro tutti.
Quindi per Machiavelli la politica non può bastare a se stessa.
Ciò che stiamo vivendo attualmente nel nostro contesto storico politico europeo è esattamente il contrario: una politica arrovellata su se stessa e sulle proprie ubbie.
Il motivo che la politica non possa bastare a se stessa sta nel fatto che, per il pensatore fiorentino, l’Uomo non esce mai in via definitiva dallo stato di natura: gli istinti, le pulsioni, gli appetiti, le ambizioni, sono sempre presenti e determinanti.
E la politica diventa mezzo per soddisfare la ferinità degli uomini.
La natura animalesca dell’Uomo nel pensiero machiavelliano non può essere del tutto soggiogata, lo “snaturamento” dell’Uomo per Machiavelli è un’illusione che solo una politica ingenua può coltivare a proprio scapito. Ignorare questo fatto per Machiavelli rappresenta uno degli errori più gravi sul piano dell’agire politico.
Occorre dunque altro.
Per Machiavelli ciò che caratterizza gli uomini e li contraddistingue dagli animali è il fatto che, rispetto alle bestie, le comunità umane possano farsi e legarsi con dei contenuti superiori – simboli, valori, principi – che vanno ben oltre le necessità della mera sopravvivenza individuale e collettiva.
Qui inizia l’Umanità: nella presa coscienza della propria identità e dei contenuti superiori che la costituiscono.
Perciò, il governo degli uomini, sia civile che militare, deve tenere conto di questo fatto: senza contenuti superiori, gli uomini raggruppati rischiano di limitarsi alla sopravvivenza animalesca basata sui propri interessi fatti di istinti, pulsioni, appetiti ed ambizioni. Con tutte le conseguenze infauste.
Ecco perché nella sua opera dedicata all’arte della guerra, Machiavelli argomenta con forza che la riforma delle armi debba necessariamente implicare una riforma dell’Uomo fondata su contenuti superiori che diano agli uomini che combattono quella capacità umana di andare oltre la bestialità e di “poter partirsi dal male potendo” anche se, a volte, debbono “saper entrare nel mal necessitato”.
In poche parole, le armi presuppongono un ‘ethos’ ovvero un codice etico-morale-spirituale. E questo perché per Machiavelli l’animo umano non può essere lasciato a se stesso senza correre il rischio d’imbestialirsi.
La riforma dell’Uomo, che per Machiavelli solo una politica illuminata può volere, deve puntare all’elevazione dell’Umanità per tenere a bada l’animalità, in quanto l’Uomo per non essere bestia abbisogna di contenuti superiori che possano interpellare la ragioni più umane e più elevate del suo essere.
Ora quali possano essere questi contenuti elevati in gradi di accompagnare la riforma delle armi europee se non il recupero dei grandi valori e principi dell’Occidente europeo cristiano?
Quali possano essere se non i grandi contenuti che hanno fatto le repubbliche democratiche dei baluardi di libertà e civiltà per i propri cittadini?
Quale contenuto possa essere superiore a quello del fattore umano inteso in senso umanistico e spirituale, inteso come unico ed irriducibile per lo sviluppo positivo della civiltà?
Credere di poter riarmare l’Europa e di potenziarne le capacità tecnologiche ed energetiche come vogliono i progetti di Ursula von der Leyen e di Mario Draghi senza mettere al centro l’importanza del fattore umano costituisce un errore grave e potenzialmente fatale.
L’Europa, sia quella fisica che politica, è anzi tutto fatta di popoli. E solo i popoli – e gli individui che li compongono – se rispettati, educati civilmente e patriotticamente, investiti di aiuti sociali e contenuti superiori ai fini della loro evoluzione positiva potranno fare della cultura europea e del continente europeo un mondo di alta civiltà umana in grado di affrontare le avversità della storia.

La sfida cruciale, più del riarmo e dell’IA, sarà quella del nemico interno: il degrado umano, culturale e civile; sarà quella dei valori da difendere, della patria, del sovranismo degli stati che rischiano di essere vassalli di un Leviatano europeo; sarà quella dei principi orientanti e quella della formazione sociale, culturale, scientifica, politica, militare dei popoli per una civiltà europea occidentale di nuovo presente a se stessa, fatta di cittadini civili, evoluti socialmente, culturalmente, patriotticamente, una cultura europea fatta di Stati indipendenti ma coesi, una cultura forte, unita e consapevole della propria missione nel mondo in cui il fattore umano è pienamente capito, valorizzato ed innalzato a principio irriducibile dello sviluppo della civiltà, un fattore senza il quale l’Europa non saprà nemmeno perché, come e per che cosa armarsi e difendersi.