Robert F. Kennedy morì il 6 giugno 1968, all’età di 42 anni, dopo essere stato colpito da colpi di pistola il giorno precedente, 5 giugno 1968, poco dopo la mezzanotte. L’attentato avvenne all’Ambassador Hotel di Los Angeles, subito dopo che Kennedy aveva tenuto un discorso celebrando la sua vittoria nelle primarie democratiche della California, durante la sua campagna per la presidenza degli Stati Uniti.
Dopo il discorso, Kennedy attraversò la cucina dell’hotel, un percorso improvvisato per evitare la folla. Lì venne colpito da Sirhan Sirhan, un palestinese di origine giordana di 24 anni, che sparò con una pistola calibro .22 a distanza ravvicinata. Kennedy fu raggiunto da diversi colpi, il più letale alla testa. Altri cinque presenti rimasero feriti.
Kennedy fu trasportato d’urgenza al Good Samaritan Hospital, dove i medici tentarono di salvarlo con un lungo intervento chirurgico. Tuttavia, le ferite erano troppo gravi e morì alle 1:44 del 6 giugno 1968.
La sua morte scosse profondamente gli Stati Uniti. RFK era visto come l’erede della visione politica del fratello, il presidente John F. Kennedy, assassinato nel 1963. La sua campagna elettorale era incentrata su giustizia sociale, diritti civili e fine della guerra in Vietnam, e molti credevano che avrebbe potuto vincere la presidenza.
Sirhan Sirhan fu immediatamente arrestato e confessò il crimine, dichiarando di aver ucciso Kennedy per la sua posizione a favore di Israele e della vendita di armi a quel paese. Fu condannato a morte nel 1969, ma la pena fu poi commutata in ergastolo. Negli anni successivi sono emerse teorie secondo cui potrebbe non essere stato l’unico responsabile dell’attentato, ma le richieste di riaprire il caso non hanno mai portato a sviluppi concreti.
Il corpo di Robert Kennedy fu sepolto nel cimitero di Arlington, vicino al fratello John. Il suo assassinio segnò un’altra tragica pagina nella storia americana degli anni ’60.
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