di Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli, curatore della rubrica Hic et Nunc che si occupa di psicologia, sanità e psicopatologia

Non basta la forza di volontà per guarire da una malattia

La depressione è una delle patologie mentali più diffuse ma anche più soggette a stigmi e a giudizi errati di chi dice la sua sulla base di credenze purtroppo ancora presenti. Si sente spesso affermare a qualcuno che prova una fisiologica e passeggera tristezza, dopo un evento poco felice, che è depresso: sono modi di dire comuni che vanno a minimizzare e banalizzare una malattia che va ben oltre l’umore basso, che rendono difficile per i pazienti chiedere aiuto. Allo stesso tempo, la credenza comune che basti un po’ di forza di volontà per superare il proprio malessere non aiuta a prendere consapevolezza della propria condizione, vista ancora sovente come un segno di debolezza e non come qualcosa che può colpire chiunque, indipendentemente dall’età, dallo stato sociale o dalle circostanze.

I sintomi della depressione, un mondo con molte sfaccettature

Chi è depresso può provare sintomi emotivi, cognitivi e fisici. Possono essere presenti tutti oppure se ne possono notare solamente alcuni, il che rende, in mancanza di un professionista, complesso diagnosticare e quindi trattare la patologia. Tra i sintomi emotivi si possono citare la tristezza, che però non è occasionale e giustificata da cause esterne ma persistente, oltre a senso di vuoto, irritabilità, senso di colpa o inutilità. Tra quelli cognitivi si annoverano difficoltà di concentrazione, pensieri negativi ricorrenti, sensazione di essere incapaci di fare qualsiasi cosa o anche nei casi più gravi pensieri suicidi. La malattia porta a sentirsi sopraffatti dalla vita stessa, con anedonia, ovvero l’incapacità di trovare piacere nelle attività quotidiane, comprese quelle che prima piacevano e motivavano.  A livello fisico, la psicologia quando parla di questa patologia annovera disturbi del sonno, che possono essere l’insonnia o il suo contrario, l’ipersonnia, affaticamento cronico, cambiamenti nell’appetito e nel peso, dolori fisici senza una causa apparente (come mal di testa o mal di schiena).

Le cause che favoriscono la malattia, dai neurotrasmettitori agli eventi della vita

Ci si può ammalare per una lunga serie di motivi. In generale, si ritiene che la depressione sia il risultato di una combinazione di fattori genetici, biologici, psicologici e ambientali, sottolinea Schulz Bizzozzero Crivelli. Va tenuto innanzitutto conto che in questa patologia la predisposizione familiare ha un ruolo importante: chi ha una storia familiare ha infatti un rischio maggiore di sviluppare la malattia. Essa, anche se porta a una serie di sintomi anche emotivi, come visto, è correlata a disfunzioni chimiche nel cervello, in particolare a uno squilibrio di neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina. È inoltre innegabile che degli eventi stressanti nella vita possono farla insorgere, a partire dalla perdita di una persona cara sino a problemi finanziari o difficoltà lavorative ed anche un trauma emotivo: vivere momenti complessi abbatte il sistema di coping di un individuo, favorendo così l’insorgere di disturbi dell’umore. È comunque fondamentale la distinzione tra uno stato d’animo negativo causato da un accadimento triste e l’essere realmente depressi in senso clinico, in modo da non banalizzare e non sottovalutare le condizioni della propria salute.

Il ruolo della solitudine e della resilienza

Al contempo, ci sono fattori psicologici e sociali che favoriscono l’insorgere della patologia, in particolare la solitudine. Anche l’isolamento sociale può essere un fattore di rischio per la depressione, così come le esperienze di abusi. Altri meccanismi che possono favorirla sono una bassa autostima o una visione pessimistica della vita, motivo per cui è basilare allenare la propria resistenza (sì, non è per forza innata, si può imparare).

Coi farmaci antidepressivi serve pazienza. A volte ci vuole un po’ di tempo prima che mostrino effetti positivi

Come si cura questa patologia? Così come le cause possono essere multifattoriali, ci sono anche modalità terapeutiche, e non solo, diverse per affrontarla. Nicola Schulz Bizzozzero Crivelli annovera tra di esse la psicoterapia, in particolare quella cognitivo-comportamentale che aiuta il paziente a identificare e cambiare i pensieri negativi e i comportamenti disfunzionali, e la terapia interpersonale (IPT) o la psicoterapia psicodinamica per esplorare le cause emotive più profonde del disturbo.  Vi sono vari farmaci che vengono prescritti quando necessario, tra cui si citano gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Si tratta di una tipologia di medicamenti che potrebbe richiedere del tempo per mostrare i suoi effetti. A fianco dei trattamenti psicofarmacogici fondamentali, si può agire cambiando il proprio stile di vita, a partire da esercizio fisico regolare, dieta sana e buona igiene del sonno, oltre che cercare il supporto sociale che permetta di non isolarsi e di abbattere la solitudine. È consigliato a chi soffre di depressione chiedere aiuto a amici, familiari e gruppi di supporto, oltre che di psichiatri e psicologici, parlando apertamente del proprio stato d’animo.  Il compito della divulgazione è quello di abbattere sempre più gli stigmi ancora presenti.

Nicola Schulz Bizzozzero Crivelli, Department of Clinical and Experimental Medicine, Section of Psychiatry and Department of Neurosciences, Section of psychiatry, University of Pisa. Degree in Psychology, Degree in Science of Tourism, Degree in Political Science and International Rela-tions, and Master in Criminology. Ending the specialization in Clinical and Dynamic Psychology. Assistant of the psychiatrist Donatella Marazziti, a psychopharmacologist, and Medical Director of the Azienda Ospedaliera Pisana (AOU) and Professor at the University of Pisa, Pisa, Italy, and at the Unicamillus University of Rome, Italy.

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