di Francesco Pontelli – Opinioni – 18 Marzo 2025
Nel 2024 sono state prodotte in Europa quasi 14 milioni di autovetture oltre un milione in meno rispetto nel 2019.
In un battito di ciglia l’Unione Europea passa dalla transizione ecologica ad una nuova “difensiva”.
La crisi dell’automotiva si presenta sempre più profonda ed interessa le intere filiere produttive e ha molteplici ragioni, non ultima la folle decisione della Commissione Europea di imporre il divieto di produzione e vendita dal 2035 di autovetture a motore endotermico a favore di una mobilità elettrica made in China.
Viceversa, nel 2024 sono stati realizzati circa 1.500 carri armati, qualche migliaio di veicoli blindati e centinaia di pezzi di artiglieria dall’intera industria bellica europea.
Il settore della Difesa in Europa garantisce 491.000 posti di lavoro diretti che arrivano a 925.000 se si inserisce anche il settore aerospaziale.
L’automotive europeo, invece, espressione da decenni di primati industriali e tecnologici, assicura tra diretti ed indotto oltre 13 milioni di posti di lavoro ed un miliardo di entrate fiscali.
Una semplice analisi comparativa dovrebbe indurre a considerare come assolutamente fantasiose ed espressione di un imbarazzante pressapochismo
tutte le teorie economiche e politiche portate avanti tanto dall’intero vertice istituzionale dell’Unione Europea, quanto da ministri del governo italiano in carica, le quali indicano nella conversione del settore automobilistico verso una produzione di veicoli militari, la possibilità di garantire il livello occupazionale e dare una prospettiva di crescita a stabilimenti che altrimenti rischierebbero la chiusura.
Non bisogna dimenticare, inoltre, come la produzione di carri armati e dei veicoli blindati presenti una serie di complessità, le quali richiedono alte competenze professionali ed una artigianalità molto superiori a quella automobilistica.
Anche per questo motivo si rivela assolutamente fantasiosa e priva di ogni fondamento economico una possibile conversione nel breve ma anche nel medio e lungo termine del settore Automotive verso quello della produzione di veicoli militari.
In questo contesto, allora, anche lo stanziamento di 800 miliardi a debito, magari coinvolgendo i risparmi privati veicolati nel settore della Difesa grazie ad una “garanzia statale”, rappresenta una colossale mistificazione pari, se non superiore persino a quella del Green Deal, che ora l’Unione Europea nella sua complessità sta proponendo.
Il settore automobilistico non può garantire attraverso una propria conversione nella produzione di veicoli militari il livello occupazionale ma nemmeno la qualità della produzione militare in considerazione proprio della sua complessità.
Questa idea di una possibile soluzione della crisi dell’auto attraverso una “transizione difensiva” rappresenta l’ennesima riprova di un deficit intellettuale che ormai rappresenta la caratteristica peculiare dell’istituzione Europea.
In più, si dovrebbe tenere nella corretta considerazione che l’effetto deterrente da qui ai prossimi 10 anni di qualche migliaio di nuovi carri armati, risulterebbe risibile di fronte alle 6.257 testate nucleari russe.
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