di Tito Tettamanti

Con il garbo usuale, permettiamoci dell’ironia, Trump ha fatto sapere al Governo danese che
vuole la Groenlandia.
Non siamo più al tempo delle cannoniere ed anche le vie della diplomazia sono (erano?) altre.
Ciononostante la richiesta di Trump, espressa con un’arroganza che indispone e che mi ricorda
scontri d’affari di quando operavo a New York, non è assurda ed è già stata avanzata dagli
USA nel 1946. D’altro canto, se riandiamo la Storia, gli USA sono per gran parte del loro
territorio la conseguenza di acquisti. Già nel 1803 il Presidente Jefferson acquista da
Napoleone la Louisiana e più tardi nel secolo si comprano dal Messico il Texas e poi gran parte
della California che diventano territorio USA.
Comunque, per farsi un’opinione ed esprimere un parere sulla richiesta di Trump, è opportuno
innanzi tutto conoscere la situazione della Groenlandia, che è un territorio autonomo nell’ambito
della Danimarca. Ma sino al 1800 era norvegese e durante l’ultima guerra (1939-’45) si staccò
dalla Danimarca, occupata dai tedeschi, mettendosi sotto la protezione USA. I circa 57.700
abitanti (per il 90% inuit) in maggioranza aspirano all’indipendenza dal Regno danese il quale
sborsa annualmente mezzo miliardo di euro per sostenere le necessità degli abitanti dell’isola.
La situazione di fatto, a mio parere, facilita possibili negoziazioni. Infatti, gli abitanti della
Groenlandia non sono e non si sentono danesi e non so quanto i danesi siano entusiasti di
spendere annualmente 500 milioni di euro per poter dichiarare la Groenlandia territorio
autonomo nell’ambito della Danimarca.
In una trattativa i danesi avrebbero parecchi argomenti da far valere per concludere un buon
affare. Infatti, l’acquirente americano è stimolato non solo da convenienze economiche (terre
rare) e strategiche ma anche dal desiderio del Presidente Trump di portare a termine una delle
sue promesse e il prezzo in tal caso può anche essere generoso, si paga con dollari degli USA.
Per le terre rare delle quali la Groenlandia dispone si possono convenire interessanti royalties,
infine sull’isola bisogna trovare il modo per convincere 57.700 persone (che non sono molte) ad
acconsentire. Per noi occidentali (usiamola questa parola) ha un valore politico nell’ambito di un
mondo nel quale lo scontro con i vari blocchi (cinese, russo zarista, islamico, parte del “global
south”) per la ricerca di nuovi equilibri sembra essere inevitabile e di conseguenza il controllo
della Groenlandia è di evidente grande interesse strategico ed economico.
A proposito di clima non sono un negazionista, anche se mi disturbano i fanatismi e le misure
che costano molto e servono a poco o niente. Penso però che l’Universo da molti miliardi di
anni – non dimentichiamo il big-bang – fa quello che gli pare e non siamo noi, quali homo (poco)
sapiens in grado di imporgli l’evoluzione.
Nell’ultimo mezzo secolo il volume del ghiaccio nell’area è calato del 70% e ormai siamo nella
possibilità di ipotizzare di usare quel mare per i trasporti. Si parla di tre potenziali passaggi,
della Northern Sea Route, costeggiando la Russia, del Northwest Passage lungo l’area artica
del Nord America e infine della Transpolar Sea Route passando per il Polo Nord.
Non chiedetemi dettagli, ma gli esperti dicono che le nuove vie marittime potrebbero accorciare
di 5.000 Km, vale a dire di un quarto, la navigazione tra Rotterdam e Shanghai, con un
conseguente notevole vantaggio economico.
Non solo, ma una navigazione facilitata rende più appetibili e sfruttabili le preziose riserve di
terre rare delle quali dispone la Groenlandia. Sappiamo che in questo campo noi siamo tributari
della Cina, che ne dispone in abbondanza e potrebbe usarle quale arma nell’ambito di scontri
economici con gli USA e con l’Europa.
La Groenlandia, da quello che leggo, può rifornirci in quest’ambito degli ingredienti necessari
per le batterie delle macchine elettriche. Dispone di litio, nickel, cobalto, come pure di zinco per
l’energia eolica e fotovoltaica ma anche di titanio, tungsteno e vanadio.
Abbiamo fin qui parlato di interessi e vantaggi economici derivanti tanto da materie prime
quanto dalla possibilità di vie di trasporto più veloci e convenienti, ma non dovremmo
dimenticare che per gli USA la Groenlandia è geograficamente l’avamposto che fronteggia nella
zona Artica la Russia.
Con i tempi che corrono gli interessi strategici, in un mondo dove è tornata la guerra, non
possono certo venir trascurati. Un avamposto nelle mani dell’esercito USA (rispetto a quello
danese) innegabilmente dà maggiore tranquillità.
Con molta razionalità nella valutazione di interessi ed equilibri si può avere una Groenlandia
che assicuri un migliore futuro ai suoi 57.700 abitanti, anche con forme di autonomia
intelligente, migliori possibilità di sfruttamento per minerali e terre rare, che esigono investimenti
miliardari, con vantaggi economici generalizzati, una via marittima di interesse generale e un
avamposto che protegge l’Occidente, e se si è capaci di negoziare con abilità, il tutto con i soldi
di Trump/USA. Vale la pena di farci un pensierino.