Alberto De Marchi ǀ

La Quaresima, periodo di circa (dacché, nel Cattolicesimo latino, i due principali riti, quello romano e quello ambrosiano, ne pongono l’inizio il primo al Mercoledì delle Ceneri, il secondo la domenica successiva al Martedì Grasso) quaranta giorni durante i quali si dovrebbe fare memoria degli altrettanti giorni trascorsi da Gesù Cristo, digiuno e in preghiera, nel deserto prima di principiare il proprio ministero pubblico e successivamente all’impartizione del Battesimo al fiume Giordano da parte di Giovanni il Battista, rischia sempre più di trasformarsi in un lasso di tempo che si spera passi il prima possibile, magari costellato qui e là di digiuni e astinenze raffazzonate e gestite da ciascuno a propria immagine e somiglianza (sempre che non si siano organizzate uscite goderecce con gli amici) e da qualche partecipazione distratta, i venerdì “liberi”, al pio esercizio della Via Crucis (è pur sempre l’inizio del fine settimana…)!

Fortunatamente, diversi anni fa, se non rammento male era il 2016, il Centro Librario Sodalitium di Verrua Savoia (Torino), casa editrice dell’Istituto Mater Boni Consilii (IMBC), “sodalizio o associazione di cattolici tradizionalisti aderenti alla tesi di Cassiciacum [posizione sede privazionista] composta da chierici, religiosi e fedeli, fondata nel dicembre 1985”, ha rimesso in circolazione, in ristampa anastatica, un aureo libretto, Le sacre stazioni romane nella Quaresima e l’ottava di Pasqua (Libreria Editrice Vaticana, edizione del settembre 1960, con imprimatur episcopale e stampato presso la Tipografia Poliglotta Vaticana) di Padre Placido Lugano O.S.B. (1876-1947). Trattasi di un prezioso scrigno, il quale, già nella quarta di copertina, esprime lo scopo di “far rivivere e meditare ai cristiani di oggi le grandezze e gli splendori dell’antica liturgia romana di un tempo”: non solo, dunque, un’esposizione asettica, “scientifica” (ma, intendendo l’attributo in senso deteriore, sarebbe meglio dire “scientista”) di cosa sia la Quaresima e cosa, in quel lasso periodico, si debba fare, ma perché c’è da farlo e come (intimamente, teologicamente e liturgicamente) si debba portare a termine il percorso.

La prefazione, in poco spazio, condensa i significati più profondi di quanto, tra le pagine di questo vero e proprio supporto per la preghiera giornaliera, si troverà via via; interessantissima – una fra le moltissime cose – la “giustificazione lessicale” all’utilizzo del termine stazione, di chiara derivazione militare (cfr. il latino statio, onis) che viene così presentato da Sant’Ambrogio nei suoi Sermones: “Si chiamano stazioni perché, rinchiusi in esse, respingiamo le insidie dei nemici”.

Uno scrigno di indubbio valore anche per gli appassionati di Storia della Chiesa e, all’interno di questo macrotema, della storia dell’architettura religiosa nella Città Eterna: sono infatti menzionate con dovizia tutte le chiese stazionali (la principale e le eventuali alternative) per ogni giorno (oltre a quelle per il periodo quaresimale sono indicate puntualmente nel testo, come da titolo, anche le stazioni da compiersi nell’ottava di Pasqua, ossia nei giorni tra la Pasqua di Resurrezione e la Dominica in Albis comprese), alcune delle quali, purtroppo, non più esistenti o inglobate in altri edifici, civili oppure religiosi; dunque, l’altro esercizio che la consultazione di questo testo può far sorgere, è quello della memoria, del ricordo della Roma che fu.

Infine, se proprio si deve concludere con una punticina di venalità: pochi euro, e ben spesi, che possono però contribuire indubbiamente alla vostra salvezza eterna, il cui valore non è calcolabile tangibilmente.