Il Consiglio nazionale e la resa della Svizzera all’UE
Con 115 voti a 66 e 3 astenuti, il Consiglio nazionale ha approvato una dichiarazione che invita il Consiglio federale a intensificare la cooperazione con l’Europa in materia di sicurezza, nel quadro degli obblighi derivanti dal diritto della neutralità. L’unico partito ad opporsi è stato l’UDC, l’unica vera forza politica che ancora difende la neutralità e la sovranità della Svizzera.
Mentre i Verdi, i Socialisti, il PLR e persino Il Centro continuano a spingere per una maggiore cooperazione con l’UE in campo militare, ignorano volutamente il principio cardine della neutralità elvetica. Secondo Fabien Fivaz (Verdi/NE), un’Europa stabile e sovrana è essenziale per la sicurezza e la democrazia, un’affermazione che suona come un maldestro tentativo di giustificare la subordinazione della Svizzera a interessi stranieri.

Un’Europa che si prepara alla guerra
La dichiarazione è stata elaborata prima del recente scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, ma l’ossessione della politica svizzera di allinearsi ai voleri dell’UE e della NATO ha trovato nuova linfa con il timore di un disimpegno americano. Nicole Barandun (Centro/ZH) ha addirittura parlato di “brusco risveglio” per l’Europa, criticando gli Stati Uniti e dipingendo la Svizzera come parte integrante dello spazio di sicurezza europeo, ignorando che il nostro Paese non fa parte dell’UE e nemmeno della NATO per una scelta precisa dei cittadini.
Balthasar Glättli (Verdi/ZH) e Patrick Hässig (PVL/ZH) hanno rincarato la dose con dichiarazioni allarmistiche, accusando gli USA di “tradimento” e sostenendo che il vecchio ordine mondiale non sia più affidabile. Si tratta della solita retorica bellicista che tenta di giustificare un avvicinamento pericoloso alle politiche aggressive dell’UE.
La Svizzera svende la sua neutralità
Il socialista Fabian Molina (PS/ZH) ha dichiarato che l’UE e la Svizzera devono impegnarsi più attivamente per salvaguardare l’ordine mondiale e proteggere la democrazia e i diritti umani. Parole che nascondono l’intento reale: spingere la Svizzera a diventare sempre più dipendente da Bruxelles e a rinunciare alla sua storica neutralità.
Secondo Damien Cottier (PLR/NE), questa dichiarazione “sfonda porte aperte”, e non è un caso che abbia colto l’occasione per chiedere un aumento del budget militare e il potenziamento dell’industria bellica. Un’affermazione che dimostra come l’obiettivo non sia la pace, ma un maggiore coinvolgimento nei conflitti futuri, esattamente ciò che la Svizzera ha sempre cercato di evitare.
L’UDC: l’ultimo baluardo della pace e della neutralità
Di fronte a questa deriva pericolosa, l’UDC rimane l’unico partito coerente nel difendere la neutralità svizzera. A differenza degli altri partiti, che sembrano più preoccupati di compiacere l’UE e la NATO, l’UDC comprende che la sicurezza della Svizzera non si costruisce con l’ingerenza in conflitti esteri, ma con una politica di neutralità attiva e di difesa del proprio territorio.
Se la Svizzera vuole davvero rimanere un Paese indipendente, deve resistere alle pressioni di chi vorrebbe trascinarla in un gioco geopolitico che non le appartiene. L’UDC l’ha capito, mentre gli altri partiti continuano a spingere la Svizzera verso una strada che rischia di compromettere la sua sovranità e la sua sicurezza.