Ospiti

Accordo di sottomissione all’UE: il gioco sporco

Come noto, la Commissione di politica estera del Consiglio nazionale ritiene (a maggioranza) che l’
accordo quadro istituzionale “2.0” non debba sottostare al referendum obbligatorio, ma solo a
quello facoltativo.
Non si tratta di lana caprina politichese. Referendum facoltativo significa che, per far votare i
cittadini, qualcuno deve raccogliere 50mila firme in 100 giorni. Inoltre, a determinare l’esito del
voto è solo la maggioranza del popolo. Il referendum obbligatorio implica invece che la votazione
venga indetta d’ufficio e che necessiti della doppia maggioranza: popolo e Cantoni.
La partitocrazia ha dunque dimostrato di avere paura delle nostre regole democratiche. Coda di
paglia?
Intendiamoci: è scontato che alle urne si andrà anche con il referendum facoltativo. Che verrà
ovviamente lanciato ed altrettanto ovviamente riuscirà.
Tuttavia, come indicato sopra, senza referendum obbligatorio cade il requisito della maggioranza
dei Cantoni. Di conseguenza, le regioni periferiche vengono penalizzate, mentre le grandi città
rossoverdi – ed euroturbo! – sono favorite; le funeste conseguenze di tale situazione sono facili da
immaginare. Ma il nostro sistema democratico prevede un meccanismo di riequilibrio del peso
politico tra Cantoni grandi e piccoli. A tale scopo nel Consiglio degli Stati ogni Cantone ha due
rappresentanti, indipendentemente dal numero di abitanti. Anche ad una votazione fondamentale
per il futuro della nazione, come il trattato di sottomissione all’UE, deve applicarsi questo
meccanismo. Del resto, per l’adesione della Svizzera allo SEE venne indetto il referendum
obbligatorio.
Ma la partitocrazia, con l’intento di spianare la strada all’ accordo coloniale evitandogli lo scoglio
della doppia maggioranza, vuole “rimuovere gli ostacoli democratici”. Sicché argomenta
goffamente il proprio njet al referendum obbligatorio nascondendosi dietro perizie giuridiche
prodotte dal Dipartimento federale di giustizia targato PS (partito che addirittura vuole l’adesione
all’UE). Ma è noto a tutti che, per un avvocato che afferma una cosa, se ne trovano due pronti a
sostenere l’esatto contrario.
Nei mesi scorsi, esprimendosi sulla NZZ, Andreas Glaser, professore di diritto pubblico
all’Università di Zurigo, ha dichiarato che, in considerazione delle sue “pesanti ripercussioni sulla
nostra struttura statale” l’accordo con l’UE “deve sottostare al referendum obbligatorio”. Di sicuro
un professore universitario ha maggiore competenza ed autorevolezza dei funzionari del
Dipartimento Jans.
Ma soprattutto: qui non si tratta di cavillare, bensì di decidere sul futuro della Svizzera. Occorre
quindi compiere una scelta politica, ed assumersene le responsabilità. Nascondersi dietro perizie
giuridiche non solo è vile: equivale al rifiuto di svolgere il lavoro per cui un deputato è stato eletto.

Lorenzo Quadri

Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi

Relatore

Recent Posts

Tre informazioni (in)utili sul salto nel vuoto di Felix Baumgartner

L'austriaco Felix Baumargtner è entrato nella Storia il 14 ottobre 2012 diventando il primo uomo…

2 ore ago

Il giorno che Carlo V compi’ 30 anni

Il 24 febbraio 1530, giorno del suo trentesimo compleanno, Carlo V venne incoronato Imperatore del…

2 ore ago

Gli Apocrifi dell’Apocalisse: Visioni Proibite e Rivelazioni Celesti

di Liliane Tami Nell’ombra dei testi canonici, celati agli occhi dei più e serbati nei…

21 ore ago

Risultati votazione in Germania: Grande successo per l’AfD guidato da Alice Weidel

In testa l'Unione Cdu-Csu col 29% Afd al secondo posto col 19,6 % Trump esulta…

23 ore ago

Come nascono le 21 idee per star bene. Intervista a Gennaro Ponte

Perché parlare, in un saggio pensato per far dialogare i saperi  che “dovrebbero uscire dalle  mura accademiche…

23 ore ago

Il cuore di Faraone

Il cuore di Faraone era duro come la pietra, ma Dio seppe spezzarlo. Erano giorni che…

1 giorno ago

This website uses cookies.