Nell’ombra dei testi canonici, celati agli occhi dei più e serbati nei meandri della tradizione segreta, giacciono gli Apocrifi dell’Apocalisse: scritti densi di visioni estatiche e presagi sull’ultimo giorno, che possono suscitare ammirazione ed interesse ma che sono anche pericolosi, perchè possono trascinare gli animi curiosi e inquieti fuori dalla retta dottrina della chiesa. Come echi lontani della profezia giovannea, essi narrano di regni ultraterreni, di tormenti indicibili e beatitudini ineffabili. Tra i più celebri si annoverano:
Questi testi, custoditi nelle pieghe del tempo, rivelano il battito profondo del cuore umano dinanzi all’ignoto e all’eternità.
Tra i libri che un tempo rifulgevano nel firmamento della tradizione sacra, vi è il IV Libro di Esdra, noto anche come 2 Esdra nella tradizione anglosassone. Esso, forgiato fra il I e il III secolo d.C., è un inno alla ricerca della verità e al dolore per la caducità del mondo. Questo scritto fu accolto nella Vulgata, dimorando per secoli nel tessuto della spiritualità cristiana, fino a quando, nel Concilio di Trento (1546), venne relegato all’oblio, escluso dal novero delle Scritture ispirate. Troppo audace forse, troppo incline a interrogare il destino delle anime e i segreti dell’escatologia. Eppure, la sua voce non si spense, echeggiando ancora nelle meditazioni di coloro che scrutano il mistero del giudizio e della redenzione.
Il genere apocalittico è stato, per secoli, fonte di grandissima ispirazione per teologi e poeti. L’Apocalisse di Pietro potrebbe aver acceso la scintilla che diede vita alla Divina Commedia? La domanda si insinua come un soffio di vento tra le pagine della storia.
In questo antico scritto del II secolo d.C., l’autore dipinge un aldilà scolpito di luci e ombre, in cui i peccatori, puniti con indicibile giustizia, espiando le loro colpe nei gironi della sofferenza, preludono al disegno cosmico che Dante avrebbe poi innalzato in versi immortali. Vi si leggono anime arse da fiamme eterne, torrenti di fuoco ribollente, laghi di tormento e spiriti condannati a pene tanto precise quanto spietate. Non è forse questa la medesima legge morale che regge l’Inferno dantesco?
Eppure, il viaggio del Sommo Poeta non trae linfa da una sola fonte: l’Apocalisse di Paolo, con le sue visioni ultraterrene, e le leggende medievali di pellegrinaggi nell’aldilà concorrono a intessere la trama di quel grandioso affresco escatologico che è la Commedia.
Ma chi può dire dove finisce l’opera letteraria e dove inizia l’ispirazione divina? Forse, nell’eco lontana dell’Apocalisse di Pietro, risuona già il battito delle terzine dantesche, e il cammino della letteratura si snoda tra le pagine apocrife della Bibbia e le visioni mistiche del Sommo Poeta, che pur essendo stato messo all’indice è stato ispirato da Dio nelle sue opere.
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