di Fabio Traverso
Alla recente kermesse canora di Sanremo ha conosciuto un discreto successo personale il cantante Lucio Corsi, che ha presentato un brano significativamente intitolato “volevo essere un duro” del cui testo si riporta l’incipit:
Volevo essere un duro Che non gli importa del futuro
Un robot
Un lottatore di sumo
Uno spaccino in fuga da un cane lupo
Alla stazione di Bolo
Una gallina dalle uova d’oro
Però non sono nessuno
Non sono nato con la faccia da duro
Ho anche paura del buio
Se faccio a botte le prendo
Così mi truccano gli occhi di nero

Il brano di Corsi ,richiamante un modello di maschilità “fragile” ha avuto recensioni lusinghiere in contrapposizione ai testi dei cosiddetti “trapper” che al contrario si richiamano ad una mascolinità tossica che rappresenta le donne come oggetti da possedere se non da umiliare (il fatto che tale subcultura sia legata a un determinato tipo di immigrazione incontrollata è tema che ora esula dal nostro contesto).
Il festival di Sanremo rappresenta la quintessenza di quella cultura nazional-popolare, per dirla col Gramsci, volta a contribuire a plasmare l’ideologia della nazione per cui , come si è sottolineato più volte, sarebbe miope disinteressarsene.
A tale proposito riteniamo che una sana cultura nazional-popolare volta a educare, nella miglior tradizione filosofica idealistica italiana, il popolo debba contemplare , oltre alla mascolinità tossica dei vari cantanti trapper e a quella fragile di un Lucio Corsi anche un altro modello di mascolinità che la nostra cultura desume direttamente dall’antichità classica e dalle sue più alte rappresentazioni liriche: i poemi omerici e l’Eneide di Virgilio.

Nell’Iliade è evidente la dicotomia tra i personaggi la cui forza virile deriva essenzialmente da ferinità (“tossicità” diremmo oggi) e quelli che attingono il valore in guerra dal coraggio morale, gli uni sono protetti da Ares, gli altri da Atena, i primi combattono per vana vanagloria personale e non esitano a commettere azioni disonorevoli come stupri e omicidi gratuiti, i secondi combattono pro ara et focis e rispettono e proteggono le donne, gli anziani e i fanciulli, Achille ed Ettore (ma anche Enea) sono i rappresentanti emblematici dei due tipi di eroi omerici.
I nostri tempi hanno bisogno non di modelli maschili che disprezzino e maltrattino le donne, paragonandole a cani, né di esempi di mascolinità fragile che abbiano paura del buio , ma di eroi come Enea che , nel duello finale con Turno, dapprima mosso a compassione ha la tentazione di risparmiare il suo antagonista ma poi ha un moto di giusta indignazione nel vedere le spoglie del giovanissimo Pallante, ucciso da Turno , indossate come trofeo dal sovrano latino e non esita a fare giustizia.
Le donne dei nostri tempi non hanno bisogno di uomini che le maltrattino e le umilino ma che le proteggano : Lucio Corsi legga (o rilegga) l’Eneide se vuole diventare l’uomo che desiderava essere.