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L’ignoranza religiosa e le risposte insufficienti – di Franco Cavallero

Nel giorno di san Valentino, vescovo martire ucciso nel 273 sotto l’imperatore Aureliano, vi propongo questa bella e profonda riflessione del professor Cavallero.

L’immagine mostra un uomo che, sul fondo di una chiesa vuota, è certamente alla ricerca di qualcosa che nel mondo con tutte le sue pretese perfezioni non trova. Perché è entrato? Sicuramente non per calcoli politici (ci sono ben altre strategie per questo) e, in senso lato, nemmeno per diventare ricco. È molto più probabile che abbia semplicemente delle difficoltà, o degli interrogativi per i quali trovare una risposta, un appagamento o una consolazione.

Abbiamo saputo in questi giorni che la mozione ticinese per l’insegnamento di una “storia delle religioni” è stata ritirata. I suoi promotori hanno mostrato di non essere contenti del risultato finora raggiunto. Qualche giornale lancia un po’ di fuocherelli e di fiammelle per dire che insomma la storia non finisce qui. Eppure tutti, beninteso se ragionano, dovrebbero rendersi conto che manca nelle considerazioni finora espresse la domanda fondamentale: perché in tutte le civiltà esiste la religione? Ciò significa chiedersi perché di fronte a questo bisogno il potere politico di tutti gli Stati (dai più democratici a quelli nefandi storicamente e ideologicamente) è sempre stato impotente, sia pretendendo di indigare la religione in strutture oppressive, sia facendosene scudo per sue più o meno encomiabili esigenze.

C’è un magnifico libro, scritto nell’Ottocento, da un condannato famoso: “Le mie prigioni” di Silvio Pellico. È un’autobiografia, che narra le vicissitudini del suo Autore, detenuto per una decina d’anni nelle carceri austriache, dapprima a Milano e ai Piombi di Venezia, poi allo Spielberg di Brno, uno dei luoghi più sinistri dell’epoca. Chi legge quelle pagine incontra di tutto: dall’ateismo e odio religioso più implacabile, all’indifferenza, alla scoperta improvvisa di un Dio mai conosciuto e tanto meno praticato. C’è la figura di Giuliano, che rifiuta di proseguire un dialogo con il suo corrispondente segreto perché quest’ultimo affronta temi religiosi. Ci sono i sacerdoti confessori del carcere, alcuni solo intenti a estorcere ai condannati i segreti politici, altri pieni di commiserazione e pietà cristiana. E giganteggia la figura di Schiller, il carceriere buono, che pur poco istruito fa di tutto per soccorrere coloro che devono sopportare il “carcere duro” e quello “durissimo”.

Lo Spielberg (presso Brno), oggi

Ecco, se si vuole affrontare con profitto “storia delle religioni” bisogna proprio porsi innanzitutto la domanda sui bisogni che lo Stato, pur intraprendente e perfetto, non riuscirà mai a colmare. Poi capire come la religiosità fu vissuta e praticata lungo i secoli. Naturalmente non ignorando tutte le aberrazioni che le sono state imposte dai governanti e persino da certi pontefici. Perché anche questa è cultura, formazione dell’individuo. E non si può comprendere la storia dell’Europa se non si cerca di trovare le risposte adeguate, nel campo della cultura in generale, della letteratura, dell’arte, della pietà popolare.

Franco Cavallero

Relatore

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