Straordinaria e atroce nel libro la figura del conte Muffat, ricchissimo, debole, ingenuo, perdutamente innamorato della puttana, ingannato, deriso e infine totalmente rovinato. Un sublime infelice. Grande, grandissimo, immenso Zola.
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L’opera che vi proponiamo non costituisce certamente una novità nell’universo letterario europeo, anzi. Nanà viene presentata alle stampe nel 1880 e costituisce il nono romanzo del ciclo zoliano Les Rougon-Macquart, serie che si compone di una ventina di opere che hanno l’intento di affrescare gli usi e i costumi della Francia di fine XIX secolo [la Francia del Secondo impero, sotto Napoleone III, estinta nel 1870; ndR]. Un romanzo vecchio, dunque, ma che non poteva invecchiare meglio. La trama è semplice: le pagine del romanzo seguono un tratto della vita di una giovane donna, Nanà appunto, attricetta di quart’ordine, ma irresistibile e capricciosa, che sfrutta la propria avvenenza (sua unica qualità vera) per condurre una vita sopra le righe. La vicenda è dipinta sullo sfondo della Parigi bene. Nanà è, riducendola ai minimi termini, la storia di una mantenuta di lusso. La semplicità della trama non coincide però con una leggerezza di lettura: l’opera tratta con viscerale naturalezza elementi crudi, propriamente raccapriccianti se si pensa al fatto che si sta leggendo una storia assolutamente verosimile. La vicenda germoglia dall’universo teatrale, dichiarando così fin dall’inizio (implicitamente) gli ingredienti costituenti lo spessore umano dei personaggi che vi prendono parte, ovvero
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