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Neurologia e astronauti: la necessità di ulteriori studi su alimentazione e medicina per le missioni spaziali

Il cervello dell’astronauta, durante i lunghi viaggi spaziali, subisce modifiche importanti e si trova costretto a riadattarsi al nuovo ambiente completamente diverso rispetto a quello terrestre. La microgravità modifica il corpo umano : l’esigenza, quindi, di studiare il benessere degli astronauti diviene sempre più urgente.

Come un fiume che abbandona il proprio letto naturale, i fluidi corporei si ridistribuiscono caoticamente, insinuandosi nel cranio e aumentando la pressione intracranica. Il cervello, abituato a un peso terrestre ben calibrato, si ritrova compresso, la sua struttura dolcemente deformata dall’assenza di peso. Ne soffrono la visione, la cognizione, la percezione stessa dello spazio e del tempo, in un balletto di disorientamento e fatica mentale.

Più subdola ancora è l’ombra della perdita: la materia bianca si assottiglia. In missioni prolungate, gli astronauti vedono sfumare porzioni preziose del loro tessuto cerebrale, sacrificio inevitabile di chi osa sfidare il cosmo. Ancora sette mesi dopo al ritorno sulla terra, infatti, è possibile vedere attraverso la risonanza magnetica glie effetti dello spazio sul cervello degli astronauti. Le connessioni neuronali, abituate a sostenere un dialogo costante con la gravità, si smarriscono, alterando la memoria, l’attenzione, la capacità di reazione.

https://www.coelum.com/articoli/viaggi-nello-spazio-il-cervello-degli-astronauti-viene-ricablato

Eppure, nel vuoto sconfinato, la mente umana resiste, si adatta, riscrive se stessa. L’assenza di peso, pur mortificando la carne, costringe il cervello a riscoprire nuove geometrie, nuovi equilibri, nuove architetture di pensiero. La neuroplasticità compie veri e propri miracoli, anche in un ambiente difficile come quello spaziale. Ma a quale prezzo? La riconnessione alla madre Terra sarà dolce o traumatica? E cosa accadrà quando il viaggio dell’umanità si spingerà oltre, verso i silenzi siderali di Marte come desidera Elon Musk?

La scienza indaga, ricerca, scruta le profondità della mente per carpire i segreti della sopravvivenza nello spazio. Il cervello di chi vive per periodi prolungati nello spazio, attraverso una dieta sana, ricca di Omega 3 e Omega 6, attività sportiva, impegno per mantenere un ritmo sonno veglia regolare, deve essere tutelato nel migliore dei modi possibili

Gli astronauti affrontano numerosi problemi cerebrali e ormonali a causa dell’esposizione prolungata all’ambiente spaziale. Tra gli effetti più rilevanti vi sono:

  • Cambiamenti nella pressione intracranica: la microgravità provoca una ridistribuzione dei fluidi corporei, aumentando la pressione nel cranio e potenzialmente causando disturbi visivi e cognitivi.
  • Atrofia cerebrale: studi hanno mostrato una riduzione della materia grigia e bianca nel cervello dopo lunghe missioni spaziali, il che potrebbe influenzare le capacità cognitive e motorie.
  • Disturbi del ritmo circadiano: l’assenza di un ciclo giorno-notte regolato porta a squilibri nei livelli di melatonina e cortisolo, alterando il sonno e la regolazione dello stress.
  • Alterazioni ormonali: livelli anormali di testosterone, cortisolo e ormoni della crescita possono influenzare l’umore, la massa muscolare e il metabolismo. Gli ormoni della felicità, come Ossitocina, Endorfine, e GABA, devono essere mantenuti il più stabili possibile.
  • Stress psicologico: l’isolamento, la permanenza in ambienti ristretti e il carico di lavoro elevato possono causare ansia, depressione e disturbi dell’umore.

Studi rilevanti sul benessere mentale degli astronauti

  • NASA Twins Study: ha confrontato l’astronauta Scott Kelly, rimasto un anno nello spazio, con il gemello Mark Kelly sulla Terra, evidenziando cambiamenti genetici e cognitivi.
  • Neurolab (1998): missione dello Space Shuttle Columbia che ha studiato gli effetti della microgravità sul cervello e sul sistema nervoso.
  • ICARUS (ESA): progetto europeo che esamina il comportamento cerebrale e l’adattamento psicologico degli astronauti in lunghi viaggi spaziali.

Liliane Tami

Relatore

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