Nel cuore dell’inverno, quando le giornate si allungano timidamente e la natura sussurra il primo fremito della primavera, il calendario liturgico ci conduce a una festa dal sapore antico e dal simbolismo profondo: la Candelora, celebrazione della Presentazione di Gesù al Tempio, che ricorre il 2 febbraio. Questa celebrazione, arricchita dai lumi delle candele, si è sovrapposta alle antiche feste pagane, come i lupercalia, a Roma, e le feste per il mese di Imbolc, nelle terre celtiche.
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Imbolc era una festa celtica dedicata alla dea Brigid, signora della fertilità, della guarigione e della poesia, celebrata tra il 1º e il 2 febbraio. E, sempre agli inizi di Febbraio, a Roma avvenivano i cosiddetti Lupercalia, dove i sacerdoti luperci sacrificavano capre e cani nella grotta del Lupercale, luogo leggendario della lupa di Romolo e Remo. I giovani correvano per le strade frustando le donne con strisce di pelle di capro (februa) per favorire la fecondità.
La festa cristiana della Candelora, invece, affonda le sue radici nelle pagine del Vangelo di Luca (2,22-40), là dove si narra il momento in cui Maria e Giuseppe, obbedienti alla Legge mosaica, portano il Bambino Gesù al Tempio di Gerusalemme per consacrarlo al Signore e anche la Vergine Maria, secondo i riti leviti, venne purificata nel tempio.
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Il vecchio Simeone, mosso dallo Spirito Santo, prende tra le braccia il Bambino e proclama il cantico che la Chiesa ripete ogni sera nella preghiera di Compieta: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele” (Lc 2,29-32).
Cristo è la luce che squarcia le tenebre, la luce che guida il nostro cammino nel mondo. Simeone e Anna rappresentano l’umanità in attesa della redenzione, l’umanità che, nella fedeltà e nella perseveranza, sa riconoscere il passaggio di Dio nella storia.
In quel momento, la piccola fiamma che ardeva nell’ombra del Tempio si rivelò come astro destinato a squarciare le tenebre del mondo.
Già nel IV secolo la Chiesa d’Oriente celebrava questa ricorrenza con il nome di Hypapante, l’Incontro. Da Gerusalemme, il rito si diffuse a Bisanzio e infine a Roma, dove la festa, introdotta nel VI secolo da Papa Gelasio I, assunse la forma che oggi conosciamo.
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Fu in quell’epoca che la celebrazione si vestì di luce, accompagnata dalla benedizione delle candele, simbolo di Cristo, sole nascente che non conosce tramonto. La fiammella di cera divenne così immagine della fede che arde nei cuori, preludio del mistero pasquale che trasfigura il buio in aurora.
Nel fluire dei secoli, la Candelora si intrecciò con le antiche credenze popolari, trasformandosi in rito propiziatorio, in auspicio per il raccolto e il clima, in una soglia mistica tra inverno e primavera. Attenzione però! Gli antichi pagani veneravano gli astri e festeggiavano il susseguirsi delle stagioni, noi invece nella luce della Candelora vi vediamo il fuoco dello Spirito Santo che non solo illumina e nutre i campi e la natura, ma che accende anche i nostri cuori d’amore e di bontà.
Il profeta Malachia ci ricorda che il Signore è come il fuoco del fonditore, come la lisciva dei lavandai (Ml 3,2). Il Signore purifica il suo popolo affinché possa offrirgli un culto autentico, fatto di giustizia e di verità. Anche noi siamo chiamati a lasciarci purificare, a permettere che la luce di Cristo rischiari le zone d’ombra del nostro cuore, per essere testimoni credibili del suo amore.