Le Confessioni di S. Agostino, il testo più letto nel mondo occidentale dopo la Bibbia, vengono indagate da due studiosi fiorentini del pensiero del dottore d’Ippona, Pietro e Paolo Ferrisi, nel libro Il significato metafisico delle Confessioni di Sant’Agostino. Creazione dl nulla e salvezza dal male, Edizioni Multimedia, Bologna 2024.
Gli autori, mediante una innovativa esegesi filosofica della più celebre opera di Agostino, prendono le distanze dagli schemi di una inveterata tradizione teologico-letteraria secondo la quale il dottore d’Ippona avrebbe consegnato la storia della propria anima in un testo in cui egli testimonierebbe, con sottile acume psicologico e rara maestria filosofica, l’esperienza immeritata della propria conversione dall’abisso di una schiavizzante condizione di peccato alla libertà della grazia divina.
Nell’originale interpretazione dei due studiosi fiorentini le vicende giovanili di Agostino vengono indagate secondo un’inedita chiave di lettura, essendo esaminate alla luce della correlazione tra la nozione “non ontologica” (meontologica) di male quale privatio boni (assenza di bene) e la verità biblica della creatio ex nihilo (creazione dal nulla).
L’analisi delle Confessioni nell’ottica meontologica, oltre a permettere di evidenziare come la questione del “non essere” costituisca il nucleo speculativo costantemente presente nella più famosa opera filosofico-letteraria di Agostino, consente altresì di individuare una significativa chiave ermeneutica per un’interpretazione unitaria e coerente dell’apparente crasi concettuale tra le due parti della sua opera, biografica la prima, metafisica la seconda. Gli ultimi tre libri, in cui viene tematizzata la questione metatemporale della creazione del mondo dal nulla, non rappresentano infatti un saggio di dotta esegesi biblica, ma si configurano come un epilogo metafisico capace di infondere una luce prospettica sul senso definitivo delle Confessioni, introducendo una comprensione unitaria nella narrazione – talvolta episodica e frammentaria – degli avvenimenti richiamati alla memoria nella sezione biografico-esistenziale.
La questione filosofia del “non essere” costituisce la cornice metafisica entro la quale si inquadrano e prendono corpo le molteplici esperienze del giovane di Tagaste. I vari episodi della vita di Agostino assumono un senso unitario solo se letti quali aspetti multiformi di un medesimo denominatore comune di ordine meontologico, vicende nelle quali emerge in trasparenza la costante e trasversale esperienza del nulla esistenziale, cuore teoretico della sezione biografica delle Confessioni in cui la natura umana, tratta de nihilo (dal nulla), è presentata nel suo stato di permanente alienazione dalla grazia divina e perciò stesso elargitrice di “non essere”. L’uomo delle Confessioni nel suo essere e nel suo agire pratico viene descritto alla stregua di una sorta di re Mida metafisico, dotato della facoltà di diffondere il “non essere”, il male, per il suo custodire in se stesso l’originario abisso del nulla creaturale da cui è emerso in forza del primordiale atto creatore.
L’impercettibile presenza del nulla diviene il metafisico attore principale dell’intera opera, il fondamento meontologico costantemente presente ed entropicamente attivo nella vita dell’essere umano di cui Agostino rappresenta una sorta di archetipo antropologico, il modello ideal-tipico rispecchiante la condizione di decadenza esistenziale conseguente al peccato originale. Il principio meontologico, quindi, nella prospettiva di una speculazione teoretica che giunge a tematizzare come avvenuta de nihilo la creazione di tutto ciò che esiste, se da un lato costituisce sia la ratio essendi dell’essenza del male (definibile come privazione di essere) che la ratio cognoscendi della sua origine (il non essere dell’inizio metatemporale), dall’altro rappresenta la chiave di lettura delle principali questioni antropologiche (il dramma esistenziale, l’impossibilità di giungere alla felicità con le proprie forze, la riserva verso il piacere di natura sessuale), dei grandi interrogativi metafisici (creazione del mondo e natura del tempo) nonché della stessa dimensione gnoseologica (incapacità dell’intelletto di pervenire alle verità superiori in assenza dell’illuminazione divina).
La polarità essere/nulla, leitmotiv dell’intera opera, rende così ragione della stessa assoluta necessità della grazia per conseguire la salvezza, trovandosi nella creazione dal nulla la ragione ultima dell’intervento gratuito di Dio: l’uomo non è abilitato per statuto metafisico-fondazionale ad autodonarsi nessuna forma di perfezionamento nel proprio essere essendo una simile operazione analoga ad una forma di «autocreazione», all’assoluto atto originario di creazione dell’essere dal nulla.
Nella luce prospettica del “non essere” se da un lato le Confessioni non si presentano come la vicenda di un uomo (Agostino peccatore), ma dell’uomo (la natura umana decaduta), dall’altro esse si configurano come il battesimo filosofico-letterario del pensiero cristiano antico, costituendo la definitiva condanna – sancita mediante una sapiente indagine antropologico-metafisica – della superba pretesa delle filosofie pagane di autodonarsi la felicità e di pervenire in modo autonomo alla salvezza dal male.
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