*
Alexis de Tocqueville ha raggiunto la celebrità mondiale, con un’infinità di ammiratori e laudatori ma, credo, con ben pochi lettori, con il suo “La democrazia in America”, di cui Armando Dadò ha preannunciato una prossima riedizione nella sua collana “I Cristalli”. Il concetto di giustizia è per propria natura un prodotto della ragione, un’istanza di tutto il genere umano e delle sue comuni convinzioni morali. In democrazia a decidere è la maggioranza, con risultati che possono essere in aperto contrasto con il suddetto concetto di giustizia. Opponendosi ad una legge ingiusta non si nega il diritto della maggioranza di decidere e quindi comandare, ma ci si appella, in contrasto con la sovranità del popolo, a quella del genere umano. In altre parole de Tocqueville propugna la preponderanza del diritto internazionale su quello nazionale. Suscitando così un dibattito che potrebbe essere quanto mai attuale in vista della prossima votazione del 28 febbraio sull’iniziativa per l’espulsione dei criminali stranieri. A mio parere una presa di posizione alquanto tirata per i capelli, quasi un sofisma, perché lo storico militare dimentica che la legge nazionale viene democraticamente votata, mentre quella internazionale è frutto di elucubrazioni di giuristi, professor(on)i e consessi tipo tribunali della Rivoluzione o ONU, mai sottoposti a verifiche democratiche. Non abbiamo forse visto Mu’ammar Gheddafi presidente, fin che lo colse inopinata morte, della Commissione dell’ONU per i Diritti dell’Uomo e dei Popoli? Il popolo democratico vota, il genere umano no.
*
Belle queste considerazioni di von Matt: “immagini rappresentative della Svizzera non sono la Bahnhofstrasse di Zurigo o il quartiere delle banche di Ginevra e neppure il porto sul Reno di Basilea, ma sempre e soltanto il Gottardo ammantato di nebbia”. E ancora: “la prima carrozzabile del Gottardo fu aperta solo nel 1830. Goethe non la vide mai”.
Di Alessandro Martini: un Gottardo che sempre più va perdendo l’appellativo di santo in Ticino, e già lo ha perso da Hospenthal verso il Nord.
*
Friedrich Dürrenmatt, massimo scrittore e drammaturgo svizzero, nella sua pièce che lo ha reso celebre, “La visita della vecchia signora”, guardando alla rovina della natura prevede in pratica la prossima scomparsa dell’uomo e indica le discariche di scorie radioattive come uniche testimonianze che rimarranno a prova del fatto che una volta è esistita la scimmia predatrice chiamata uomo.
*
Giudicando la letteratura che racconta dello straniero in Svizzera von Matt si dice convinto che “straniero in Svizzera e svizzero in terra straniera sono temi di pari livello”. Il fatto che i nostri emigranti dell’Ottocento siano partiti in massa per guadagnarsi il pane in terre quasi disabitate, a forza di lacrime e sudore, non lo riguarda. E neppure lo concerne il fatto che l’attuale immigrazione si fa quasi esclusivamente da parte di richiedenti l’asilo che dovremo per forza mantenere, non essendo in grado di fornir loro adeguati posti di lavoro. Con in più il pericolo incombente di una religione della quale si deve, suaviter gesagt, almeno diffidare.
*
Il sentimento di appartenenza alla nazione è alla radice della formazione di ogni Stato. E`un fenomeno che si può definire in senso negativo come sciovinismo, nazionalismo, spirito campanilista o xenofobìa, in senso positivo come spirito comunitario, coesione, sicurezza culturale o consapevolezza delle tradizioni. La differenza è abissale nella formulazione filologica, ma di ben poca consistenza nel contenuto essenziale. Le frontiere non sono state tracciate dove le popolazioni si sentivano bene, ma solo dove le popolazioni si sentivano bene per la presenza di frontiere che le distinguevano dallo straniero. È, mi sembra, una verità lapalissiana.
Von Matt ha poi un sobbalzo di entusiasmo nazionalista quando scrive delle “effettive specificità svizzere come l’arte del compromesso, l’impossibilità di concentrare il potere nelle mani di un singolo e il sostegno sovraproporzionale alle minoranze. Ciò di cui oggi il mondo avrebbe maggior bisogno è la capacità politica della Svizzera, la sua cultura della conciliazione maturata nei secoli”. Roba da farmi venir la voglia di proporlo per una presidenza onoraria di qualche sezione cantonale (von Matt vive nel canton Zurigo, ha frequentato scuole a Lucerna e è nato a Stans, Canton Obwalden) del partito di Blocher (e mio).
Gianfranco Soldati
Kondwiramour Nel cuore pulsante di Firenze, tra le sue torri e i suoi giardini segreti,…
Apollo nell'Eden: in questi giorni a Lugano, alla fiera dell'artigianato e del lusso YouNique, nella…
In questo giorno di riflessione e di lutto vi proponiamo una celebre poesia, che suona…
D’ora in poi anche il Nicaragua, dopo aver bruscamente interrotto le relazioni con Taiwan, ha…
Due anni or sono avemmo il maestro Tong, oggi abbiamo il maestro Wang. La Cina, la grande Cina, antica…
Ripesco questa intervista (2019) e ci aggiungo un complimento. Ticinolive da tempo si mostra scettico…
This website uses cookies.
View Comments
Egregio dott. Soldati, per dirla tutta c’è stato un momento in cui ho perfino pensato - leggendola - che arrivasse a citare, (per sostenere la tesi {molto ideologica} di una “sana” e… aristocratica tradizione svizzera) il famoso (ovviamente per alcuni perfino {simmetricamente} famigerato) Gonzague de Reynold…
Gentile concettisparsi,
guardi che la tesi di una sana e aristocratica tradizione svizzera non è la mia, ma quella che Peter von Matt deduce dalla lettura di testi di autori svizzeri che solo in parte condivide e per altra parte contesta.
Qualunque siano le vere tradizioni svizzeri, per me la Svizzera resta complessivamente un ottimo risultato, anche se le critiche da muovere ai suoi attuali "conduttori" sono parecchie.
La ringrazio per avermi almeno letto, con cordiali saluti.