a cura di Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli e prof.Ssa Donatella Marazziti
Preoccupa l’aumento del consumo di cannabis tra i giovanissimi e spesso non si conoscono i rischi per la salute mentale
Una droga che erroneamente viene definita leggera, resa apparentemente legale da una sorta di depenalizzazione per cui il possesso non viene punito sotto una certa soglia, caratterizzata da facilità di accesso e costi ritenuti più contenuti rispetto a altre tipologie di sostanze. La crescita esponenziale dell’uso della cannabis ci spiega, è in particolare di moda tra i giovanissimi, preoccupa i professionisti, non solo a causa della dipendenza bensì anche per i seri rischi a livello di salute mentale che ne derivano.
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I dati
Citando alcune statistiche relative al Ticino, nel 2023 un ragazzo tra i 15 e i 34 anni su tre dichiara di aver fatto uso di canapa, con un progressivo abbassamento dell’età in cui si inizia a consumarla. Si tratta della fascia di età che rappresenta circa il 45% dei consumatori a livello mondiale, stimati in circa 40 milioni. Di solito, si assume pensando di avere un miglioramento del tono dell’umore e dell’affettività, effetti che si ottengono, grazie al principio psicoattivo, solamente per brevissimo tempo. E si ignora che vi è un comprovato legame tra il consumo, ansia, depressione e alcuni problemi psichiatrici, tra cui la schizofrenia, definita dagli esperti come uno dei disturbi mentali più complessi da curare a causa delle morbilità e della scarsa aderenza del paziente alle terapie.
Perchè si consuma? “Si pensa che alzi il tono dell’umore, ma…”
Ma, se per molti il consumo con scopo ricreativo è, con estrema leggerezza, ritenuto una sorta di attività inclusa nelle serate di svago, dopo che soglia si può parlare di dipendenza? Quali sono i rischi e come si interviene? Nicola Schulz Bizzozzero Crivelli del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria e del Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria dell’Università di Pisa spiega che “secondo il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM), è sufficiente un periodo di dodici mesi e la presenza di due criteri tra gli undici possibili per diagnosticare in un soggetto il Disturbo da uso di Cannabis (CUD). Tra di essi vi sono: il consumo di cannabis che si protrae o che è più massiccio di quanto era nelle proprie intenzioni, l’uso che si è tentato senza successo, di interrompere o controllare e con una buona parte del proprio tempo è impiegata nell’uso o nella ricerca della cannabis”. Le prime conseguenze sono “problemi e disagi come ad esempio ripetute assenze sul posto di lavoro, mancanza di interesse per le attività scolastiche o inadempienza agli obblighi familiari”, ma a preoccupare maggiormente è la relazione con la salute mentale. “Più il consumo è prolungato e più la dose è alta più è elevato il rischio di sviluppare un disturbo psichiatrico come la schizofrenia, una psicopatologia in cui deliri, allucinazioni e compromissione della realtà sono i sintomi d’eccellenza”. Dall’altro lato, è noto come “alcuni disturbi psichiatrici come il Disturbo Bipolare (DB), nella fase maniacale e in alcuni disturbi della personalità (DDP) come quello Borderline (DBDP) possono portare al consumo e all’abuso di sostanze fra cui la cannabis”.
Una sorta di circolo vizioso da cui, secondo Schulz, bisogna cercare di uscire tramite la prevenzione, soprattutto rivolta ai giovanissimi, e la presa a carico, quando la dipendenza è ormai realtà e/o in presenza di sintomi di schizofrenia, da parte di un team multidisciplinare nella salute mentale.
“Quando chiediamo agli adolescenti cosa li spinge a consumare cannabis spesso ci viene riferito che il suo utilizzo migliora il loro tono dell’umore e l’affettività. In realtà con il consumo prolungato si ha il concreto rischio di sviluppare sintomi depressivi o disturbi d’ansia”, racconta, sottolineando come “la facile reperibilità del prodotto e la legalizzazione della cosiddetta “canapa legale” abbiano senza dubbio portato a un aumento vertiginoso del consumo, unito a poca conoscenza dei rischi connessi a una sostanza ritenuta, nell’immaginario comune, una “droga leggera”. Altri fattori che possono incidere sono contesti socio-economici svantaggiati, scarsa educazione culturale e scolastica, utilizzo di alcol e tabagismo.
“Spesso sono i parenti a spingere a chiedere aiuto”
La maggior parte dei pazienti che si rivolgono ai servizi psichiatrici per una dipendenza da cannabis o sintomi da essa causati, “giungono nel nostro ambulatorio su consiglio dei familiari che ne notano il comportamento bizzarro, la compromissione di svariate attività come l’andare a scuola al lavoro, da cui si è assente sempre più spesso”, mentre “altre volte, sono gli stessi pazienti, a dipendenza del loro insight (grado di consapevolezza della malattia) a chiedere aiuto. È opportuno e fondamentale consultare una rete di professionisti della salute mentale che sappiano consigliare le migliori modalità di intervento ai primi segni di uso di sostanze illecite come la cannabis. Ciò può aiutare sia i diretti interessati che i loro familiari a prevenire il manifestarsi delle spiacevoli problematiche sopra citate”.
Sconfitta la dipendenza, spesso i sintomi scompaiono
La buona notizia, se così si può definire, è che una schizofrenia in conseguenza al consumo di cannabis è spesso reversibile. “L’approccio multidisciplinare si focalizza sul trattamento della dipendenza e dei sintomi nell’immediato, sovente in regime di day hospital. Solitamente, su indicazione dello psichiatra, si ricorre all’utilizzo dei neurolettici, ovvero agli antipsicotici di nuova generazione come la Quietapina e l’Aripiprazolo, che sono efficaci contro la sintomatologia allucinatoria e delirante, affiancati da un sostegno come la psicoterapia di tipo cognitivo comportamentale (CBT), che ha però benefici non immediati, al contrario dei farmaci, ma graduali nel tempo”. Curando la dipendenza, aggiunge Schulz, di solito i sintomi scompaiono, mentre “la cura a lungo termine è indicata per quei pazienti che avevano già un disturbo psichiatrico oppure su valutazione prettamente psichiatrica”.
Insistere sull’informazione è basilare, per far sì che i casi di pazienti con un disturbo mentale conclamato su cui intervenire siano sempre meno: che i giovanissimi, insomma, non inizino a consumare cannabis, oppure che “si possa scongiurare il rischio che l’abuso della sostanza si protragga eccessivamente nel tempo, con effetti negativi anche nel lungo termine”, attraverso la conoscenza degli importanti rischi.
Chi è
Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli, Laureando magistrale in Psicologia Clinica e Dinamica, è laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Scienze e Tecniche Psicologiche, Scienze del Turismo e possiede un master in Criminologia. È assistente della celebre psichiatra italiana Donatella Marazziti e si occupa di prevenzione e ricerca presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria e del Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria dell’Università di Pisa
Prof.ssa Donatella Marazziti, psichiatra e psicofarmacologa, conosciuta per aver scoperto la neurobiologia dell’amore, ovvero ciò che succede quando ci innamoriamo a livello neurobiologico e per i suoi numerosi studi, specialmente sul disturbo ossessivo compulsivo e degli svariati disturbi mentali. . Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, sezione di Psichiatria, Università di Pisa, medico di I livello presso l’Azienda Ospedaliera Pisana, professoressa presso l’Unicamillus medical science di Roma, professoressa presso l’università di Pisa, presidente della Fondazione la Quercia E membro del gruppo di studio per il disturbo ossessivo compulsivo dell’OM