Cultura

Hic et nunc – Nei bambini adottati è maggior la possibilità di sviluppare problemi psichici. Come supportarli al meglio?

Di Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli, curatore della rubrica Hic et Nunc che si occupa di psicologia, sanità e psicopatologia e Prof. Donatella Marazziti

Chi non cresce nella sua famiglia biologica ha maggiori probabilità di incorrere in una serie di disturbi. “Difficilmente hanno sviluppato un attaccamento sicuro”

L’adozione viene considerata un atto d’amore, atta a dare una famiglia a un bambino che per motivi diversi non può stare con quella biologica e un bambino a una coppia che non può o non desidera metterne al mondo uno biologico. Si tratta di un processo complesso dal punto di vista amministrativo ma anche psicologico e emotivo, dato che sottintende un trauma da separazione, conscio o no, per il minore

La doppia mancanza e le probabilità di sviluppare un disturbo

“L’incontro adottivo si staglia sullo scenario di una doppia mancanza: a una coppia manca un figlio, a un bambino mancano dei genitori. Se gli attori saranno in grado di colmarla potranno realizzare l’evento intensamente carico di emozioni di una doppia nascita: due esseri che diventano genitori e un essere che diventa persona attraverso la filiazione”, scrivevano nel 1994 Farri Monaco e Castellani. Vari studi negli anni mostrano come chi è stato adottato abbia statisticamente maggiori probabilità rispetto a chi cresce nella famiglia biologica di sviluppare aggressività, disturbi dell’umore e somatizzazione e problemi come disturbi di ansia, depressivi, disturbo oppositivo provocatorio (DOP) e disturbo della condotta (DC).

Il ruolo della teoria dell’attaccamento

Limitandosi ai dati disponibili i problemi esistono sia per i bambini adottati che per i genitori adottivi. Allora, cosa fare per far sì che i bambini possano diventare adulti sereni? Ne abbiamo parlato con Nicola Schulz Bizzozero Crivelli del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria e del Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria dell’Università di Pisa, che spiega come mai si osserva una maggiore insorgenza di problematiche psicologiche e psichiatriche nei bambini adottati. Secondo la teoria dell’attaccamento dello psicoanalista britannico John Bowlby, nel cervello di un bambino si formano delle rappresentazioni mentali di sé stesso, della figura di attaccamento e della relazione fra sé e l’altro in base alla risposta del proprio caregiver principale alla sua ricerca di un legame affettivo. Facile comprendere come per un bimbo adottato, che nella maggior parte dei casi ha vissuto esperienze traumatiche e di estremo disagio nella fase pre-adottiva, come separazione dalla famiglia di origine per povertà, maltrattamenti o abusi, sia difficile aver sviluppato un attaccamento sicuro. Anzi, “probabilmente il vissuto lo porterà alla rappresentazione di un mondo pericoloso e di conseguenza per proteggersi utilizzerà strategie diverse per muoversi in un contesto vissuto come minaccioso”, spiega Schulz.

Quali possibili disturbi possono essere sviluppati dai bambini adottati?

Passando alle conseguenze, “questi bambini “possono sviluppare problemi scolastici (assenteismo), in particolare quelli di sesso maschile, abuso di sostanze (cannabis e altre droghe) e di alcolici, condotte antisociali, bullismo, aggressività e frequenti litigi con i genitori e, come detto, un maggior frequenza di problemi psicologici per entrambi i sessi. Si nota una maggior frequenza di DOP con difficoltà a controllare emozioni e comportamento, con collera, litigi con gli adulti, sfide o rifiuti a seguire le regole, ira e accuse degli altri del proprio comportamento o DC, con egoismo, insensibilità ai sintomi altrui, possibili atti di bullismo, bugie, furti e danneggiamenti senza sensi di colpa, comportamenti ricorrenti che violano i diritti altrui. Per quanto concerne i disturbi della personalità, si sospetta che possano avere origine da aspetti genetici e non genetici relativi ai genitori biologici. Ampi studi associano l’adozione con la correlazione dei disturbi del cluster B (istrionico e antisociale) caratterizzati da comportamenti stravaganti, drammatici ed eccentrici, mentre meno significativa ma rilevante è la correlazione con quelli del cluster A (schizoide, schizotipico e paranoide) che sono caratterizzati da comportamenti strani, bizzarri ed eccentrici e del cluster C (disturbo ossessivo-compulsivo ed evitante) caratterizzati da ansia e paura”.

“Importante è essere consapevoli”

La situazione è dunque complessa e rappresenta una sfida sia per le famiglie che desiderano adottare e anche per il sistema sociale. I genitori devono tenere in considerazione il rischio di sentirsi stremati e sofferenti di fronte ai disagi del figlio e alle sue problematiche comportamentali associate o meno a condotte violente e criminose. Per Schulz, “non sussiste nessun problema nell’adozione ma è importante capire i bisogni dei bambini o ragazzi adottati ed essere coscienti di come è stata loro vita prima di essere adottati”. I genitori devono essere consapevoli delle problematiche che potrebbero sorgere e della fragilità psichica dei loro bambini, per “essere in grado di comprendere la sofferenza e la paura dell’abbandono che perseguitano troppo spesso la loro vita. È altrettanto giusto che i bambini sperimentino con la nuova famiglia la presenza di una “base sicura”, garantendo loro fiducia e disponibilità e permettendo loro di conoscere la propria storia pre-adottiva. Può infatti aiutarli a dare un senso a quanto è accaduto in passato e costruire il proprio sé”.

“I genitori adottivi devono conoscere la storia e rispondano alle domande dei bimbi”

A suo avviso, utile potrebbe essere chiedere un sostegno agli assistenti sociali e/o a dei professionisti della salute mentale. “Come sappiamo, i bambini nella fase pre-adottiva vivono dei traumi importanti che vanno a ricondursi all’allontanamento dalla famiglia di origine per i più svariati motivi come l’abuso, la violenza, le condizioni socio-economiche svantaggiate, la tossicodipendeza. Innanzitutto, è molto importante che le famiglie che decidono di adottare un bambino o una bambina siano informate il più possibile sulla storia precedente ed essere coscienti che, in caso di traumi riferiti importanti o da condotte sociali devianti (negli individui adottati dopo l’adolescenza) vada attivata una rete di sostegno, come quello psicologico. È fondamentale rispondere sempre alle domande del bambino sul suo passato e i motivi per il quale è stato adottato perché può fargli dare un senso a quanto accaduto e a ricostruire il proprio sé”, prosegue, consapevole che “ogni bambino adottato porta il proprio bagaglio e una storia che spesso non è proprio del tutto idilliaca e si ritrova a vivere la perdita del suo mondo interno ed esterno e a dover ricostruire legami ed affetti. L’affiancamento psicologico è sicuramente un ottimo metodo per prevenire, attenuare o eliminare situazioni difficili ma soprattutto a far pace con il passato e di conseguenza lasciare al bambino lo spazio di iniziare una nuova vita in una nuova famiglia”. Quando un ragazzino adottato viene seguito da uno psicologo o, se necessario, uno psichiatra, il trattamento è analogo a quello di qualcuno cresciuto nella sua famiglia biologica, con focus però sul nodo della problematica, ovvero l’adozione stessa e i suoi significati.

Si può stare bene? “Ogni caso è a sè”

In ultima analisi, con un debito sostegno, una persona adottata può stare bene? “Ogni caso è unico e molto delicato. Ci possiamo affidare a delle statistiche che per esempio ci indicano quali sono i problemi maggiormente coinvolti in questa classe di bambini. Vi sono individui che grazie alla loro resilienza, avranno dei disturbi più lievi e di conseguenza, avranno una prognosi migliore nell’età adulta, altri bambini invece, potranno portarsi i traumi pre-adottivi nel corso di tutta la vita. Quindi, come sempre in psicologia e psichiatria, ogni caso è a sé”, conclude. Occorrono da parte dei genitori soprattutto pazienza, decisione, supporto, amore e tanta resilienza.

Chi è

Nicola Schulz Bizzozzero-Crivelli, Laureando magistrale in Psicologia Clinica e Dinamica, è laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, Scienze e Tecniche Psicologiche, Scienze del Turismo e possiede un master in Criminologia. È assistente della celebre psichiatra italiana Donatella Marazziti e si occupa di prevenzione e ricerca presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria e del Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria dell’Università di Pisa

Prof. Donatella Marazziti, psichiatra e psicofarmacologa, conosciuta per aver scoperto la neurobiologia dell’amore, ovvero ciò che succede quando ci innamoriamo a livello neurobiologico e per i suoi numerosi studi, specialmente sul disturbo ossessivo compulsivo e degli svariati disturbi mentali. . Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, sezione di Psichiatria, Università di Pisa, medico di I livello presso l’Azienda Ospedaliera Pisana, professoressa presso l’Unicamillus medical science di Roma, Professoressa presso l’università di Pisa, presidente della Fondazione la Quercia E membro del gruppo di studio per il disturbo ossessivo compulsivo dell’OMS.

Relatore

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