Economia e politica internazionale

“Non facciamo più figli” ma siamo sicuri che sia un male?

Non facciamo più figli” è una di quelle frasi fatte , o “idèes recues” per dirla con Flaubert, che in società o sui media si ripetono stancamente senza interrogarsi sui motivi che sottendono questa frase fatta che descrive ovvero “l’inverno demografico” che caratterizza i paesi europei .

Letta “da sinistra” questa affermazione viene utilizzata per proclamare l’ineluttabilità di un’immigrazione di massa che, si sostiene, salverebbe il sistema pensionistico in pericolo per lo squilibrio tra occupati e inoccupati, letta “da destra” al contrario la frase è presa a pretesto per proporre politiche di sostegno economico  alla natalità degli europei al fine di limitare quella stessa immigrazione.

Invero è tutto da dimostrare che , anche se venisse modificato in un modo o  nell’altro il rapporto tra nascite e decessi, gli effetti sulla macroeconomia e sulla tenuta del sistema pensionistico sarebbero positivi : non è detto che le nuove generazioni sarebbero così ansiose di lavorare “per pagarci le pensioni” quando le si prospettano lavori precari , malretribuiti e privi a loro volta di prospettive previdenziali: è probabile al contrario che tale situazione provocherebbe un rifiuto generazionale del lavoro, come ciclicamente accade nelle economie avanzate, per cui le giovani generazioni diventerebbero un peso e non una risorsa per l’economia.

Un esempio pratico varrà a chiarire questa tesi, quello di Moussa Sanghare , italiano di seconda generazione tristemente balzato ai disonori delle cronache per un omicidio gratuito di stampo camusiano nei confronti di una giovane bergamasca incontrata causalmente per strada.

In teoria una persona come l’assassino sarebbe il prototipo della “risorsa” invocata per salvare le pensioni, nella realtà rappresenterà, nei lunghi anni che trascorrerà in carcere o in un ospedale giudiziario, un peso per l’economia .

Alla scontata obiezione per cui episodi come quelli di Moussa Sangare rappresenterebbero patologiche eccezioni è facile ribattere che l’itinerario esistenziale di Sangare ( studi abborracciati, lavori precari, rifiuto del lavoro e miraggio di facili guadagni nello spettacolo o nello sport, infine , tramontato questo miraggio, l’approdo nella vita inautentica degli stupefacenti e del crimine) è invece comune alle esistenze di molti immigrati di seconda generazione nonché di molti giovani italiani o europei che ne hanno fatto propri gli “stili di vita” per utilizzare le parole di una politica italiana.

Godiamoci pertanto il nostro inverno demografico e i suoi frutti, senza dimenticarci le parole scritte da Julius Evola in diretta con le politiche del fascismo “Non dobbiamo preoccuparci di quanti figli facciamo, ma di quali figli”.

(Fabio Traverso)

Relatore

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