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Feriti della guerra in Vietnam curati col metodo Dien Chan, la riflessologia facciale. di Liliane Tami

Per curare le vittime della guerra in vietnam, è nata la riflessologia facciale Dien Chen. Questo particolare tipo di terapia apporta molti benefici e in Ticino viene insegnata, presso la scuola Upmind di Lugano, dalla maestra, infermiera e terapista Anna Damonti, che ha avuto modo di conoscere personalmente Angela Volpini, nota per i suoi poteri taumaturgici. Nella zona di Viganello è praticata anche dalla filosofa e bioeticista Liliane Tami.

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La medicina tradizionale vietnamita (MTV) ha radici antiche. Nel corso di migliaia di anni, il Vietnam ha sviluppato un sistema di cura naturale, influenzato dalla medicina cinese, ma anche profondamente radicato nelle tradizioni indigene. Le erbe medicinali, l’agopuntura e il massaggio sono stati da sempre strumenti di guarigione, volti a ristabilire l’armonia dell’energia vitale del corpo, il khí.

Ma la storia del Vietnam è segnata da una ferita profonda: Guerra del Vietnam, durata dal 1962 al 1965. In quegli anni bui, migliaia di innocenti subirono atrocità inimmaginabili: villaggi distrutti, famiglie spezzate, corpi dilaniati dalle bombe e dalle mine. Tra la devastazione fisica e psicologica, il popolo vietnamita cercava disperatamente forme di cura che non si limitassero a sanare il corpo, ma anche lo spirito ferito.

Fu proprio in questo contesto di dolore e devastazione che, negli anni successivi alla guerra, la medicina tradizionale trovò nuova linfa. E fu nel 1980, nella città ferita ma resiliente di Ho Chi Minh, che emerse una nuova speranza: la riflessologia facciale Dien Chan. A idearla fu il Professor Bùi Quôc Châu, un agopuntore che, testimone diretto delle sofferenze del suo popolo, sentì il bisogno di offrire una via di guarigione più immediata e accessibile.

Mentre osservava il viso dei suoi pazienti, Bùi Quôc Châu scoprì che il viso rifletteva l’intero corpo, quasi fosse uno specchio dell’anima e della storia che vi risiedeva. Ogni linea, ogni ruga, ogni espressione diventavano una mappa del corpo intero e dei suoi organi. Attraverso la stimolazione di punti specifici sul viso, senza l’uso di aghi ma solo con piccoli strumenti manuali, il professor Châu iniziò a trattare dolori e disturbi che affliggevano altre parti del corpo. Questa pratica, semplice ma potentemente efficace, divenne un simbolo di rinascita e guarigione per un popolo traumatizzato.

La Dien Chan non era solo una tecnica terapeutica, ma un modo per risvegliare nel corpo la capacità di auto-guarigione, profondamente radicata nel cuore di una nazione che aveva sopportato l’indicibile. Il volto, portatore di cicatrici visibili e invisibili, divenne lo strumento principale per guarire le ferite dell’intero corpo, ma anche della psiche e dell’anima.

In questo periodo di ricostruzione post-bellica, la riflessologia facciale Dien Chan incarnava la resilienza del popolo vietnamita: un modo per affrontare il trauma, il dolore e la perdita, cercando nuove forme di guarigione. Un sistema medico che, in mezzo alla distruzione, offriva non solo sollievo fisico, ma una nuova speranza e sollievo ai sopravvissuti di guerra.

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