Dott.Ssa Liliane Tami

Per l’unità della chiesa. Festa Solenne di Corpus Domini, 2024.

Nel 1991, l’allora Cardinal Joseph Ratzinger pubblicò un libro, breve ed incisivo, dal titolo Zur Gemeinschaft gerufen, tradotto in italiano[1] con La Chiesa, una comunità in cammino.

Ratzinger

L’opera si articola in sei capitoli più l’epilogo: l’origine e la natura della chiesa, il primato di Pietro, il ruolo del vescovo, il sacerdozio, la sinodalità, la coscienza e, in conclusione, i rischi del degradare la chiesa a mero partito politico o, peggio ancora, a club.  In questa recensione andremo ad analizzare le sezioni conclusive dell’opera, particolarmente interessanti per comprendere l’unità della chiesa data dall’adesione coscienziosa alla gerarchia voluta da Cristo. Le parole preziose di Ratzinger, scritte oltre trent’anni addietro, sono ancora oggi validissime per riflettere sulla tematica dei sacerdoti scismatici[2] ordinati dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X di Mons. Marcel Lefebvre[3] e sulle attuali divergenze ideologiche della comunità cattolica circa l’attuale pontefice in carica.

Per esporre al meglio il contenuto e la finalità per cui l’allora Cardinal Ratzinger scrisse questo saggio può essere utile svolgerne un’analisi a ritroso, partendo dalle considerazioni conclusive. Ratzinger, nell’epilogo, aveva già constato che l’unità della Chiesa fosse messa a repentaglio da coloro che volevano farne un’ideologia. Oggigiorno vi è la tentazione di ideologizzare la chiesa con un tradizionalismo eccessivo a destra e, in modo uguale e opposto, con un esasperato e  debosciato modernismo a sinistra. Nell’epilogo, infatti, scrive: “Perciò la chiesa non è un club, non è un partito, e neppure una sorta di stato religioso, ma un corpo, il corpo di Cristo” (p.142). In questa sezione Ratzinger, con una lungimiranza che potremmo quasi dire profetica, aveva parlato dell’importanza di mantenere, prima di tutto, ben salda l’unità della chiesa di fronte alle perverse tentazioni scismatiche di quei gruppi che credono di essere in grado di interpretare meglio dell’insieme della Chiesa, che è popolo in cammino, la volontà di Cristo. Come evidenzia anche San Paolo nella lettera ai Corinzi, già allora vi erano delle difficoltà nel mantenere coerenza nella comunità dei fedeli e perciò l’apostolo li aveva esortati all’unità e al rispetto, innanzitutto, della volontà di Cristo. Ratzinger scrive:

“Come i Corinzi, anche noi rischiamo di dividere la chiesa in una disputa di parti, dove ciascuno si fa una sua propria idea di cristianesimo. Così l’aver ragione diventa più importante delle giuste ragioni di Dio a nostro riguardo, più importante dell’essere giusti davanti a lui. La nostra propria idea ci nasconde la parola del Dio vivente, e la Chiesa scompare dietro i partiti che nascono dal nostro personale modo d’intendere”. (p.139)

 Il futuro Benedetto XVI con questo accuratissimo testo, citando san Paolo, ci mette in guardia dal rendere la chiesa il partito di Paolo o di Apollo o di Cefa. Anche oggi la tentazione è quella di associare la chiesa ad una singola guida, a favore o contro, e dimenticare così di mantenersi fedeli alla pietra su cui è stata edificata la casa del Signore.  Il rischio è quello di smarrire l’insieme dell’opera voluta da Cristo, perché “ Se io mi schiero per un partito, allora esso diventa con ciò il mio partito, ma la Chiesa di Gesù Cristo non è mai la mia Chesa, bensì sempre la sua Chiesa”. ( p.140)

E’ di prioritaria importanza, quindi costruire una chiesa che non perda mai di vista il suo perno che è Gesù Cristo e ciò è importantissimo anche per il ministero del sacerdote. Egli, infatti, deve prestare grande attenzione a non costruirsi una sua chiesa. (p.143) Ratzinger, ben prima di divenire Papa, già si interrogava su come fosse possibile che in passato alcune persone fosse arrivate al punto di fare della Chiesa di Cristo un partito religioso. “Chi viene convertito da Paolo, infatti, non diviene un seguace di Paolo, ma un cristiano, un membro di quella chiesa comune che è sempre la stessa, <<si tratti di Paolo, Apollo o Cefa>>” ( 1cor3,22).


Di fronte al linguaggio cristallino di Ratzinger e alla chiarezza con cui esorta i fedeli all’unità, non resta che pregare affinché in tutti i cuori non sorga il desiderio di stare uniti in un unico corpo ecclesiastico evitando i due estremi che sono da un lato il cieco culto del pontefice attualmente regnante e, al contempo, il superbo atto di legarsi a realtà scismatiche eccessivamente farisaiche e incapaci di seguire, in modo sinodale, il naturale camino della tradizione attraverso lo spazio ed il tempo.

Continuando l’analisi a ritroso di questo saggio, dopo aver compreso che non può esservi una Chiesa  senza unità e senza fiducia nello Spirito Santo per la sua evoluzione, arriviamo ora all’ultimo capitolo – prima dell’epilogo- in cui l’autore analizza ciò che, accanto alla Grazia della Fede, consente l’adesione alla Chiesa. L’elemento fondamentale e senza il quale non può esservi una libera appartenenza al Corpo di Cristo è la Coscienza. Questo sesto capitolo si intitola infatti Coscienza e Verità e studia in che modo libero arbitrio ed obbedienza possano convergere. In questa riflessione Ratzinger delinea i parametri della libertà e riflette sul duplice tema della morale individuale e della morale dell’autorità, data dalla gerarchia ecclesiastica. Ivi egli parla della coscienza come perno dell’agire umano, ma al contempo mette in guardia dal cattivo uso di una coscienza che non è illuminata da Dio. Scrive infatti, che anche i membri delle SS naziste avevano agito in piena coscienza ed erano pienamente convinti della loro causa, ma non per questo li ritroveremo in paradiso. (p.118). La coscienza che non ha la Verità di Dio come perno è la pericolosa serpe che ha indotto Eva al peccato. Una coscienza perversa è pericolosissima perché priva l’uomo del senso del bene e del male, rendendolo incapace di giudizi sillogisticamente conseguenti al Sommo Bene che è Dio. “Il non vedere più le colpe, l’ammutolirsi della voce della coscienza in così numerosi ambiti della vita è una malattia spirituale molto più pericolosa della colpa, che uno è ancora in grado di riconoscere. (119). In sintesi, per Ratzinger, non si può confondere la coscienza dell’uomo che cammina nella luce di Dio con l’autocoscienza dell’Io. “La coscienza [del singolo] si degrada a meccanismo di decolpevolizzazione, mentre essa rappresenta proprio la trasparenza del soggetto per il divino e quindi la grandezza e la dignità specifiche dell’uomo.(p.121). Questo approfondimento di Ratzinger sulla coscienza è fondamentale per poter comprendere come possa avvenire la libera e volontaria adesione alla Chiesa e al suo corpo. Senza la capacità di poter entrare in comunicazione personale con Dio, per mezzo della coscienza, non può accendersi quell’amore che porta il fedele a voler essere membro della chiesa non per fini ideologici-politici bensì puramente devozionali. L’autore porta l’esempio del Cardinal Newman. Egli disse una celebre frase al Duca di Norfolk: “Certamente se io dovessi portare la religione ad un brindisi dopo un pranzo – cosa che non è molto indicato fare- allora io brinderei per il papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa”. (p.123) Questa posizione, per Ratzinger, non va intesa come un Aut-Aut, bensì come la connessione tra i due elementi della coscienza e dell’autorità. Avere una coscienza illuminata dalla fede implica amare l’autorità gerarchica stabilita da Cristo a prescindere dalle nostre opinioni individuali.

Di seguito Ratzinger analizza anche il ruolo della coscienza in Socrate e spiega le differenze tra Anamnesis e Conoscentia. L’anamnesi[4] è, in San Basilio, quella scintilla divina che abbiamo in noi e che consente anche ai pagani, che non hanno una legge, di avere delle intuizioni ispirate da Dio. (p.129). Anche Sant’Agostino riconosce che “nei nostri giudizi non ci sarebbe possibile dire che una cosa è meglio di un’altra se non fosse impressa in noi una conoscenza fondamentale del bene”. (p.130). L’amore di Dio, che si concretizza nel rispetto coscienzioso dei comandamenti, non ci viene quindi imposto dall’esterno, ma viene infuso in noi precedentemente. Come dice Sant’Agostino, infatti, il senso del bene è già impresso in noi.  Di conseguenza, grazie a questo nocciolo di bene che abbiamo innato, è possibile  interpretare correttamente il brindisi di Newman prima per la coscienza e poi per il Papa. In quest’epoca moderna, purtroppo, vi è la tendenza a pensare all’autorità solo come elemento esterno e si perde la capacità di vederla come coerente, e conseguente, alla scintilla d’amore divino nascosta in noi. Queste riflessioni di Ratzinger sul rapporto tra la coscienza individuale e il conseguente rispetto per l’autorità pontificia sono di una bellezza straordinaria, soprattutto oggi che la chiesa fatica a restare forte, salda ed unita attorno a San Pietro.  Dopo aver analizzato la coscienza intesa come anamnesi, l’autore parla della coscienza intesa come parte senziente. La coscienza, secondo San Tommaso, si suddivide in tre elementi: Riconoscere (recognoscere), rendere testimonianza (testificari) e infine giudicare (iudicare).(p.134). A conclusione di queste riflessioni sul tema della coscienza come strumento necessario per una buona adesione alla Verità, Ratzinger cita Oreste che uccise la perfida madre Clitennestra, macchiandosi di matricidio per rispetto della volontà di Apollo. Al giudizio del tribunale umano egli risultava colpevole, ma fu Atena stessa a dargli l’assoluzione: in questo caso è stata l’intercessione della divinità a donare la redenzione, ed allo stesso modo è la Grazia della fede che illumina la coscienza e la rende conforme al volere di Cristo, il cui corpo è la Chiesa, anche quando il giudizio dei tribunali umani pare diverso. La verità, se non è sorretta da una piena adesione della coscienza benedetta dalla fede, è solo un pesante giogo. E, come scrive il futuro Benedetto XVI “Solo quando noi conosciamo e sperimentiamo interiormente tutto ciò, diventiamo liberi di ascoltare con gioia e senza ansia il messaggio della coscienza” (p.137). Che, per essere davvero buona, deve amare Dio e quindi essere coerente col Magistero e la Tradizione di una Chiesa che non è morta bensì viva e in perenne divenire.

Liliane Tami


[1] Traduzione dal tedesco di Luigi Frattini. Il libro è stato pubblicato con Paoline edizioni nel 1991.

[2] I sacerdoti ordinati ad Êcone, e negli altri altri seminari della Fraternità Sacerdotale San Pio X, sono in una condizione di irregolarità canonica: pur essendo stato il loro fondatore scomunicato per scisma, alcuni loro sacramenti, dal 2016, sono comunque validi. La FFSSPX è una società di vita apostolica tradizionalista cattolica, fondata a Friburgo il 1º novembre 1970 dall’arcivescovo cattolico Marcel François Lefebvre, con l’accordo e l’approvazione di François Charrière, allora vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo.

[3] Marcel François Lefebvre (Tourcoing, 29 novembre 1905 – Martigny, 25 marzo 1991)

[4] Reminescenza, ricordo. Per Platone l’uomo possiede una reminescenza innata delle idee.