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Martellarsi i santissimi sull’incudine – di Rivo Cortonesi

NON HO CAPITO CHE GUSTO CI SIA A METTERE I SANTISSIMI SULL’INCUDINE E PRENDERLI A MARTELLATE (titolo originale)

Abbiamo trovato su Facebook questo post ben argomentato e interessante e lo proponiamo ai nostri lettori, con il consenso dell’Autore.

Le industrie ticinesi non sono aziende informatiche, per le quali sono spesso sufficienti qualche ufficio e qualche computer. In genere sono ubicate in immobili di una certa estensione, utilizzano impianti complessi e necessitano di opere di modifica e/o adattamento che seguono l’evolversi delle necessità di produzione, ambientali ecc.Insomma non sono qualcosa di statico, ma di pulsante, che richiede la collaborazione di ditte (che spesso accompagnano la merce fornita con il loro personale di montaggio, come carpentieri, elettricisti, impiantisti ecc.), le quali forniscono prodotti specifici per una miriade di necessità aziendali,

La legge prevede che il personale di ogni ditta estera che svolga un lavoro presso una di queste aziende ticinesi, venga pagato con stipendio “svizzero”. Non ho capito quale sia il senso di questa imposizione. Se un’industria ticinese sceglie un prodotto proveniente da un paese estero non vedo perché il personale specializzato che viene a montarlo debba essere pagato con stipendio svizzero, se ha un contratto di lavoro con la sua ditta estera.

Se questo criterio, cioè quello di pretendere che la manodopera per assemblare un prodotto venga pagata a stipendio svizzero, fosse esteso a tutti i prodotti di importazione, probabilmente pagheremmo il doppio o il triplo non solo ogni merce cinese, ma anche gli smartphone e le auto. Perché questa diversità di trattamento sui prodotti importati. A chi giova? Chi tutela?

Non giova all’imprenditore ticinese che paga di più il prodotto industriale di cui ha bisogno e non giova neppure al fisco ticinese che incassa tanto meno quanto più alti sono i costi che l’imprenditore può elencare nella dichiarazione dei redditi aziendali.

Chi tutela? Non tutela le eventuali aziende ticinesi, concorrenti dell’azienda estera, se quel prodotto specifico non è da loro fornibile. E in ogni caso non si capisce perché alcuni prodotti industriali dovrebbero essere liberamente importati e altri no, a dipendenza delle aziende locali esistenti. Se gli altri paesi utilizzassero lo stesso criterio le nostre esportazioni andrebbero a picco.

Personalmente ho potuto sperimentare tutta l’incredibile burocrazia che viene dispiegata per controllare che siano realmente pagati stipendi svizzeri al personale che viene ad eseguire dei lavori di montaggio in Svizzera da parte di ditte estere. Al punto che, qualche tempo fa, ho preso la decisione di glissare il problema ricorrendo a personale di aziende ticinesi per il montaggio di prodotti da me progettati e provenienti da luoghi di produzione esteri.

Ovviamente il montaggio viene eseguito a prezzi maggiorati, dei quali si fa carico, ahimè, il mio cliente ticinese. Il guadagno della ditta di montaggio ticinese compensa, fiscalmente, il minor introito fiscale da parte del mio cliente. Per il Cantone il saldo è dunque zero.

Un particolare: tutti i montatori della ditta ticinese, che impiego e che impiegherò nei futuri montaggi, sono frontalieri. Cioè appartengono a quella tipologia di lavoratori che giornalmente entra e esce dal Ticino e a causa dei quali, per i veri o presunti disagi da essi creati, è stata inventata la cosiddetta “tassa di collegamento”, di nuovo a carico delle aziende ticinesi.

Non è come martellarsi i santissimi?

Rivo Cortonesi

Relatore

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