Una colonna che si inerpica per le vie del cielo, senza fine.
Una sovrapposizione di blocchi romboidali identici l’uno all’altro e che, idealmente, potrebbero susseguirsi sino all’infinito.
La prima colonna fu realizzata nel 1918, alta poco più di due metri, oggi è conservata al M.O.M.A. di New York.
L’esemplare costruito nel 1937 per i giardini di Tirgu Jiu, in Romania, svetta invece per trenta metri d’altezza.
Quello che nell’arte dell’artista rumeno conta, non sono i metri effettivi dell’altezza delle sue opere, quanto piuttosto l’altezza ideale, lo slancio verso l’infinito, l’eterna, ideale tensione verso il sublime dell’altrove irraggiungibile.
L’artista, nato a Pestinasi il 19 febbraio 1876, formatosi nel paese natale e poi trasferitosi, nel 1905 in Francia, fu ammesso nella prestigiosa Académie des Beaux-Arts de Paris, ove frequentò artisti come Rodin, Modigliani e Duchamp.
Colonna senza fine, Giardini pubblici a Tirgu Jiu.
Esponente di un novecento non polemico ma che, in quanto secolo nuovo, guarda oltre, verso un ideale cambiamento epocale, sogno poi miseramente distrutto dalla Guerra Mondiale.
Eppure quell’idealizzazione resta, in un’eterna tensione che correla passato e futuro, nella speranzosa collaborazione di una purezza umanitaria delle generazioni dei posteri, che interseca il piano orizzontale con quello verticale, in un vortice storico di esperienze vissute o ponderate, tra cielo, terra e umanità.
Chantal Fantuzzi
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