non voglio nessun teatrino pubblico con torta, palloncini, foto e politico di turno. Mi piace dirlo adesso, ancora lontano da qualsiasi forma di demenza senile, per sollevare i famigliari da inutili strette di mano, sorrisi di rito e battutine stereotipate. Lugano è la mia città dal 1962, quando vi giunsi da un paese della valle dell’Arno poco noto alle carte geografiche del tempo, ma,proprio per questo, luogo vero, pulsante di rivalità e antagonismi non ancora addormentati dal miracolo economico.
A Lugano sono cresciuto, ho lavorato e messo su famiglia, tenendo fermi i concetti di protesta sociale ereditati da pezzi di casato rimasti sul luogo di nascita. Non è stato ovviamente un percorso facile, lontano da quello dei sessantottini di buona famiglia che, passati i pruriti rivendicativi, hanno fatto valere i cognomi e le amicizie pesanti per evitare problemi. Termini come pace e concordanza stagnano nella “zona retrocessione” del mio vocabolario, dove svetta, in solitaria, la parola “conflitto”, quello che ha mosso la storia dell’uomo anche se non è ancora riuscito a raddrizzare il legno storto di cui è fatto.
A Lugano voglio bene, meno a larghe fette dei suoi abitanti “embedded” nell’edonismo competitivo, per nulla a chi la rappresenta con relative truppe al seguito. Non è una questione di colori, oggi il rosso( pallido) vale come l’azzurro, il verde o il grigio, ma di etica, lealtà, trasparenza da esercitare (sul serio!)in tutti gli ambiti del quotidiano. Un esempio per tutti: Non caricare sulle spalle dei figli le divergenze che si sono avute con i padri limitandone le potenzialità. Nel conflitto si punta chi sta al fronte, non i parenti che restano a casa. Ho cercato spesso di farmi beffe del potere costituito e per questo trattato come innominabile. Grande onore! Mi ricorda il “Nessuno”,uomo di multiforme ingegno che infiniti danni addusse ai Troiani , che sfidò l’ira degli dei pur di ritornare a casa. Sapere che voi fate quello che fate(e continuerete a farlo) mi aiuta parecchio ad esercitare quel dovere verso l’avversario, a non dargli pace finché avrò fiato.
Quindi, se verrà quel giorno, alla larga!
Carlo Curti, Lugano
Nota della Red.: “che infiniti addusse / lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco…”
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Vero per l'Iliade, ma quello era Achille.Licenza poetica per "Ticinolive" visto che la furbata di Odisseo causò la distruzione di Troia.
Vero. In effetti si parla di Ulisse, mentre le parole "infiniti addusse" si legano all'ira di Achille.