Estero

Spento nella notte il rogo alla Sacra di San Michele, l’Abbazia è salva, ma tanta paura

2018

Il Nome della Rosa si conclude proprio con un incendio; l’Abbazia che ispirò il best seller di Umberto Eco, la bellissima e suggestiva Sacra di San Michele, in Val di Susa, è andata in fiamme. O meglio, non proprio, per grazia di Dio.

Il tetto del “monastero vecchio” in corso di ristrutturazione, a causa di infiltrazioni d’acqua, avrebbe subito un cortocircuito per un impianto di illuminazione. L’incendio, divampato in breve e persistito a lungo nella notte, ha distrutto il tetto del monastero, dove vivono i padri rosminiani. Fortunatamente, nessuna parte del monumento simbolo del Piemonte, è stata danneggiata. Oggetti di culto, opere architettoniche, tutto sarebbe salvo.

La Croce Rossa ha dato aiuto per tutta la notte ai tre padri che vivono nel monastero e che si sono accorti per primi del fumo, e agli encomiabili e energici soccorritori.

Secondo quanto investigato non ci sarebbe dolo nell’incendio divampato ieri notte. Il Presidente della Regione, Sergio Chiamparino e l’assessore alla Cultura, Antonella Parigi, faranno un sopralluogo oggi salle 14.

Breve storia di un’abbazia eterna

L’abbazia, che nei giorni di nebbia svetta tra le nubi in tutta la sua preziosa alterigia, e in quelli di sole domina i monti rocciosi dall’alto della sua storica beltà, venne costruita nel X secolo e terminata nel XIII; transito per i pellegrini romei, che dalla Francia giungevano a Roma, è affidato alla cura dei padri rosminiani, congregazione clericale torinese, nata nel 1828.

Visitato solo nel 2016 dalla cifra da capogiro di 100mila persone, il complesso monumentale sorge su un luogo di transito già di epoca romana, e porta nel proprio culto dedito a San Michele radici Longobarde. Secondo la leggenda, fu l’arcivescovo stesso ad avere una visione dell’arcangelo, che gli avrebbe ordinato di erigere un santuario. Egli obbedì, e alla grande!

Una leggenda, una fanciulla

come tutti i castelli che si rispettino, anche l’abbazia reca in cuor suo una leggenda di dame e cavalieri: una fanciulla, che nel nome ricorda l’innamorata del Conte Rolando, la Bell’Alda, per sfuggire a soldatacci di ventura si gettò giù dalla torre, ma fu salvata dagli angeli che la fecero atterrare sana e salva. Per vanità, tuttavia, ella ritentò, rimanendone questa volta uccisa.

Un luogo magico intreccio di storia e di leggende, insomma, di astrologia medioevale (come la splendida “porta dello Zodiaco”), di romanico italico e di gotico francese. Da visitare.

Relatore

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