Non mi piacciono le tassonomie, ma per le tassonomie sono una millenial e, la prima cosa che una millennial nota è la presenza di Colin Morgan, ex star di Merlin (BBC, 2008-2015). Ripescato dalla serie che lo aveva consacrato alla popolarità, l’ex druida adolescente ritorna al grande schermo per la seconda volta nei panni del gentleman vittoriano (la prima era stata con il The Happy Prince-l’ultimo ritratto di Oscar Wilde (2018) interpretando l’amante inglese di Sissi, Bay Middleton.

Con lui, Sissi non cerca un rapporto carnale, ma la malinconica conferma d’essere bella. E quando il figlio Rodolfo (futuro suicida a Mayerling nel 1889) le rinfaccia la relazione (malintesa), l’imperatrice giura di non vederlo mai più. E si getta tra le braccia del cugino, Ludovico di Baviera.
E questa è la seconda cosa che un cinefilo nota: Sissi e Ludwig, per la seconda volta riuniti sullo schermo (la prima era stata con Ludwig di Luchino Visconti del 1973, con l’ormai iconica Romy Schneider nelle vesti dell’Imperatrice).
Con Ludwig, Sissi condivide la follia: alterna bagni notturni nel lago di Baviera (lo stesso sulle sponde del quale, in circostanze mai chiarite, lo stesso Ludwig verrà trovato morto nel 1886) e la morbosa passione per la morte, salvo un avvertimento, dettatole dal cugino: “quello è il mio, di lago, dove annegare”. “Preferisco il mare” risponde lei. E, nel mare, vi si getta. Precisamente quello di Ancona. Licenza – ovviamente, e largamente, poetica – .
Sissi, quindi, la terza cosa da notare: l’algida Vicky Krieps ci fa dimenticare la zuccherosa Romy Schneider, così come Florian Teichtmeister ci fa dimenticare Karlheinz Bohm (alias Franz Joseph), ovvero i quarant’anni degli imperatori ci fanno dimenticare i loro vent’anni, il 1870 oblia il 1850.
Corsage è un titolo impegnativo, in italiano. Così, il film di Marie Kreutzer è stato tradotto con “Il corsetto dell’imperatrice”. Un corsetto che Elisabetta stringe, sino a raggiungere 45 cm di circonferenza (ma a svenirne, a suon di vomito), ottenendo il peso di 55,9 kg.
Quante volte, in questo film osannato dalla critica, ho udito l’aggettivo “irrequieta”, associato alla figura di Sissi. Direi piuttosto “infelice”, “insoddisfatta”, “anoressica”, certo, perché Sissi non mangia e, di conseguenza, delira.
Ho amato l’interpretazione di Vicky Krieps e molto apprezzato la perfetta ambientazione storica (nessun makeup stridente sui volti degli attori, assolutamente credibili). Nessuno, inoltre, paragone post nazista tra gli austriaci alti e biondi e mediterranei simili a dei primati, come accadeva con gli attori che contornavano la (bellissima) Schneider.

E tuttavia il film, soprattutto sul finale, si fa pesante. Vi diranno che somiglia a Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006) o a Spencer di Pablo Larrain (2021), ma non è vero: con il primo condivide soltanto la colonna sonora a tratti moderna (ma non stridente, anzi), con il secondo la desolazione che pare regnare nelle famiglie reali, lussuose, tristi e disastrate. Se è per questo, si avvicina anche alla solitudine interpretativa di Madame Bovary di Sophie Bartes (2014).
Sissi, come Diana, visita gli ammalati (interessante la scena in cui un medico assolutamente impassibile elenca i “crimini” che avrebbero portato all’isteria nervosa diverse povere donne) e i mutilati, addirittura fuma con loro, ma la sua empatia “folle” non viene condivisa dai figli (ne vediamo soltanto due, Rodolfo e Valeria, mentre vi è un interessante accenno a Sofia, prematuramente scomparsa infante) né dal marito. Sissi, come Diana, non è una ribelle, quanto piuttosto una donna moderna, in cerca di affetto. Consigliato, ma da seguire con attenzione.
CF