di Tito Tettamanti
L’art. 143 della nostra Costituzione permette ad ogni cittadina e cittadino svizzeri in possesso dei diritti civici di venir eletta/o Consigliere federale.
L’Assemblea federale (i Consiglieri nazionali e i Consiglieri agli Stati, che sono i grandi elettori) ha dato all’articolo un’interpretazione molto restrittiva. Di fatto, la scelta è limitata ai 246 parlamentari più qualche decina di Consiglieri di Stato di alcuni Cantoni.
Una scelta ristretta a 300 persone al massimo. In tal modo vengono esclusi esponenti della società civile che si sono imposti nella cultura, scienza, economia del Paese, esclusione che impoverisce indubbiamente la scelta e di conseguenza possibilmente l’Esecutivo, che da noi non è l’espressione di una maggioranza politica, ma un direttorio chiamato a gestire i problemi della Confederazione.
A proposito del nostro Governo premetto che come svizzero ne sono orgoglioso perché è composto da persone perbene . Leggendo dei problemi con la giustizia di Presidenti, Primi Ministri, Ministri dei Paesi confinanti, l’orgoglio è legittimo. L’essere perbene però non basta per l’impegno che la carica comporta. Sergio Ermotti è una persona perbene, ma se l’hanno chiamato per sistemare il disastro Credit Suisse è per la sua provata competenza.
Il direttore editoriale del gruppo CH-Media Patrik Müller sulla “Schweiz am Wochenende” in dicembre è uscito con l’articolo “Zwei starke Bundesräte sind zu wenig”.
Due sole sarebbero secondo lui le personalità di spicco per dati caratteriali e competenza in Consiglio federale: Karin Keller-Sutter (liberale) e Albert Rösti (UDC) che dispongono di spazi di autonomia nei confronti dei loro partiti.
La Signora Baume-Schneider è di una simpatia contagiosa con qualche eccesso di sorrisi a 32 denti, ma il dubbio sulla sua inadeguatezza è diffuso. La signora Amherd ha avuto un brutto 2023. Ha voluto un nuovo segretariato di Stato di dubbia utilità con oltre 100 ulteriori burocrati e 10 milioni di stipendi annuali.
Nominato un primo direttore del nuovo organo burocratico, questo dimissiona prima di entrare in carica. Si passa alla scelta del secondo che però prima della nomina rinuncia. Viene infine nominato d’imperio un alto ufficiale che non aveva nemmeno concorso, probabilmente per mancato interesse, al posto. A vice segretario generale del Dipartimento ha proposto un candidato bocciato per mancate qualifiche, salvo quella di essere un compaesano della Consigliera federale stessa.
Si è ripresa con un’apprezzata presenza al Forum di Davos.
Cassis, in un Dipartimento che non gli è caratterialmente congeniale, è stato condizionato durante tutto il quadriennio dalla temuta non rielezione. Le numerose critiche nei media gli hanno fatto perdere il controllo con una frase infelice nei confronti della stampa. Dovrebbe rinfrancarsi, gli astri della politica non solo hanno facilitato la sua rielezione ma oggi il Partito si augura che non dimissioni, altrimenti i liberali perderebbero il seggio. Da Parmelin, persona gradevole, conciliante e benvoluta, non ci si aspetta propositività.
Si spera in un apporto di qualità da parte del nuovo eletto Beat Jans, personaggio di spessore ed esperienza. Convintissimo pro UE, potrebbe essersi accontentato del Dipartimento federale di giustizia e polizia perché ciò gli dà accesso alla delegazione dei rapporti con l’UE, dove dominerà. Abbiamo un Consiglio federale debole, non è giudizio solo mio, e nella difficile realtà odierna, interna e internazionale, ciò preoccupa. La debolezza ha però un’origine, l’elezione al Consiglio federale è diventata ottusamente partitocratica, non si fa spazio ai migliori ma ai disciplinati.
Infernale la soluzione del ticket, in virtù del quale il Partito di turno propone due candidati e si dovrebbe votare solo per uno di quelli. In tal modo gli avversari non potendo far altro cadono nella tentazione di votare per il più debole e noi ci ritroviamo con una Baume-Schneider inadeguata e in difficoltà al posto di una preparatissima Herzog, dello stesso partito ma poco simpatica.
La presidenza del Partito Socialista – due competenti professionisti della politica ed esponenti dell’odierno progressismo estremo di sinistra – che è la vera vincitrice delle recenti elezioni ha fatto proporre per la successione Berset due esponenti della propria area sbarrando la strada a candidati di esperienza e valore come Roger Nordmann e Daniel Jositsch, che avevano il difetto di essere moderati ed indipendenti.
Ci troviamo con un parlamento che cede i suoi diritti alla burocrazia di Partito. La circostanza è ancora più preoccupante in considerazione dei tempi difficili, di una realtà dominata dalle grandi organizzazioni mondiali, dalle loro burocrazie ed espertocrazie. Momenti preoccupanti. Se un tempo addirittura ci vantavamo di non nominare i primi della classe perché potevano diventare ingombranti, orgogliosi di questa nostra diffidenza, oggi non ce lo possiamo più permettere. Purtroppo non possiamo farci molte illusioni. I partiti già in difficoltà ed in perdita di autorevolezza si battono per qualche briciola di potere immediato senza preoccuparsi della pagnotta futura.
Attendiamoci Governi sempre più deboli, divisi e incapaci di esprimere quella sostanziale concordanza che nel passato è stata all’origine della nostra forza e stabilità.