Di Jean Olaniszyn, dicembre 2023
Francesco d’Assisi nella notte di Natale del 1223, a Greccio, fece il primo presepe vivente, dopo Betlemme.
Il primo a raccontare l’episodio del Presepe di Greccio è fra Tommaso da Celano (1190-1265 c.) che scrisse la prima biografia di San Francesco, “La Vita sancti Francisci”, approvata nel 1229 da Papa Gregorio IX. Il testo è diviso in due parti e la prima parte della biografia culmina con il racconto del Natale di Greccio per sottolineare l’importanza di questo momento storico nella vita del “Poverello di Assisi”.
Il Presepe di Greccio è rappresentato in un affresco, attribuito a Giotto (1267-1336), nella Basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Si tratta della tredicesima delle ventotto scene del ciclo “Storie di San Francesco”, dipinte dal giovane maestro toscano tra il 1290 e il 1300.
Della Natività si trovano però rappresentazioni precedenti a San Francesco, risalenti ai primissimi secoli d.C.
Per esempio l’Adorazione dei Magi delle Catacombe di Priscilla, Arcosolio della Cappella Greca, II-III° secolo, o il Presepe del Sarcofago di Silicone, Basilica Ambrosiana, Milano, IV° secolo, dove sono rappresentati anche il bue e l’asinello.
I Vangeli canonici (Marco, Luca, Matteo e Giovanni) tuttavia non menzionano il bue e l’asinello, ma in Isaia (1,3) è scritto : “Cognovit bos possessorem suum, et asinus praesepe domini sui”: “Il bue ha conosciuto il suo possessore e l’asino la mangiatoia del suo padrone”.
Successivamente si diffonde una iconografia della Natività con il bue e l’asinello, come rappresentato dallo stesso Giotto nell’affresco della Cappella degli Scrovegni a Padova (databile al 1303-1305) che ha usato come fonti per le scene, i Vangeli, il Protovangelo di Giacomo e la “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze:
Esempi di questa iconografia li abbiamo anche nell’Affresco della Chiesa di Santa Maria “Foris Portas” a Varese (VII-VIII secolo), in una Copertina lignea di un Reliquiario del IV° secolo al Museo Sacro Vaticano di Roma, nella Icona della Natività della Scuola di Rublëv nella Galleria Tretjakov a Mosca.
Rimane il fatto che San Francesco, con il suo Presepe vivente, riaccese la devozione per la Natività e aprì la strada a tutte le successive rappresentazioni del presepe.
La tradizione dei presepi in Svizzera è antica e profondamente radicata
La nascita di Gesù è rappresentata sin dal XVII secolo con figure realizzate a mano. Dato che le statuine erano costose, i presepi si trovavano nelle chiese o nelle dimore di famiglie benestanti.
Le antiche statuette del XVII e XVIII secolo sono vestite e gli arti rimovibili sono scolpiti nella cera o nel legno e corrispondono a uno stile tipico della Germania meridionale. I presepi dell’Oberland bernese in legno di tiglio ne sono una caratteristica e Brienz è stato un centro della scultura in legno sin dal XIX secolo: gli scultori più famosi sono Paul Zumstein e Hans Huggler-Wyss che nel 1915 ha prodotto le prime statuette intagliate a mano fabbricate in serie in Svizzera.
Le statuine del presepe modellate in creta, improntate allo stile italiano, sono diventate note in Svizzera alla fine del XVIII secolo e la tradizione dei presepi è ancora molto diffusa nel Canton Ticino, anche con allestimenti all’aperto.
Purtroppo negli ultimi anni, in una società secolarizzata e “desiderosa di non offendere le minoranze ”, sono sorte polemiche sulle rappresentazioni religiose negli spazi pubblici e purtroppo anche il presepe non ne è stato esente. Per esempio qualche anno fa a Berna, un progetto davanti al Palazzo federale ha provocato una controversia.
Dietro la festa del Natale si nascondono antichi simboli che il “mondo moderno”, per fortuna, non è (ancora) riuscito a cancellare completamente e speriamo che la tradizione di creare presepi i Svizzera continui malgrado certi attacchi, con pretestuose scelte ideologiche.
Anche Papa Francesco nella lettera apostolica “Admirabile Signum” ha ricordato la bellezza e la preziosità del presepe: “Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui. […] È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare”.
Fra tutti i simboli della cristianità, il Natale è forse il più rappresentativo. La tradizione, diceva Ezra Pound, è una bellezza da conservare, un filo che lega la comunità, che unisce le persone attorno ad un sistema di valori. Un sistema che oggi certuni cercano di estirpare nel nome del multiculturalismo, globalismo, buonismo, ma soprattutto vogliono cancellare ogni riferimento alla Natività.
Il presepe più piccolo
Noto come la “Nano Holy Family”, la più piccola scena della Natività è stata realizzata nel 2017 dagli scienziati dell’Università di Vilnius e può entrare nella cruna di un ago. Le sculture, incredibilmente piccole, sono una replica del presepe della Piazza della Cattedrale di Vilnius, capitale della Lituania e l’opera d’arte risultante è 10mila volte più piccola dell’originale, che è a grandezza naturale. Il micropresepe ha richiesto il lavoro di trenta esperti per tre mesi ed è stato realizzato usando una stampante 3/D. Non visibile a occhio nudo è stato inserito in una cruna d’ago per avere un punto di riferimento.
Nonostante le sue dimensioni microscopiche, la “Nano Holy Family” contiene una sorprendente quantità di dettagli. Uno degli aspetti che colpiscono maggiormente è il volto del Bambino Gesù, anche se è più piccolo di una cellula umana.
Sono state realizzate quattro copie del presepe: una si trova nel Palazzo Presidenziale lituano, un’altra è stata riservata all’arcidiocesi di Vilnius, mentre le altre due sono state esposte al pubblico. Nel 2017, il Presidente della Lituania, Dalia Grybauskaite, ha inviato una miniatura a Papa Francesco come regalo di Natale.
Ci sono anche altri presepi in miniatura, per esempio realizzati su un seme di canapa (3 millimetri) o su un guscio di noce, che si possono ammirare nel museo sito in via San Giovanni Maggiore Pignatelli a Napoli.
Lo scultore napoletano Aldo Caliro da molti anni realizza nel suo laboratorio dei presepi all’interno di un chicco di caffè, in una lenticchia, in una conchiglia. Ma il suo capolavoro è il presepe realizzato sopra la testa di uno spillo di 1 millimetro di spessore sulla quale ha scolpito con un bisturi quattro personaggi: San Giuseppe, la Madonna, Gesù bambino e l’Angelo.
La stella cometa
Nell’Adorazione dei Magi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova è raffigurata per la prima volta la stella cometa.
A che astro alludevano i testi antichi? Il fenomeno astronomico più probabile è una congiunzione Giove-Saturno che ebbe luogo nel 7 a. C. In quell’anno i due pianeti si trovarono nel cielo uno vicino all’altro per ben tre volte. A formulare la tesi fu l’astronomo tedesco Johannes Kepler che nel 1603 osservò una congiunzione fra pianeti, che abbinati sembravano un’enorme stella. Calcolò se il fenomeno poteva essersi verificato anche nell’Anno Uno: concluse di no, ma scoprì che una congiunzione c’era stata più volte nel 7 a. C. e scrisse perciò un trattato “De anno natali Christi” in cui sosteneva che la data di nascita di Gesù andava anticipata.
Riguardo all’evento sono state anche trovate delle tavolette babilonesi con il calcolo dei movimenti degli astri (effemeridi), segno che al fenomeno di quel tempo si accordò notevole importanza.
Quindi il nostro calendario sbaglia e paradossalmente Gesù nasce 4 anni o al massimo 8 anni d.C. L’errore risale a un monaco del VI secolo, Dionigi il Piccolo, che inaugurò l’uso di contare gli anni dalla nascita di Gesù, partendo da una data posteriore a quella effettiva.
Tre fatti appaiono certi: che intorno all’anno della nascita di Gesù ci fu davvero una “stella” anomala, che questo astro apparve più volte a intermittenza come dice Matteo e che certi astronomi orientali (“magi”) l’avevano notato, come provano le effemeridi babilonesi.
L’episodio della nascita di Gesù è narrato solo in due Vangeli: Luca riferisce che dopo la sua nascita venne deposto “in una mangiatoia” e i pastori furono chiamati dagli angeli a conoscerlo e adorarlo, mentre Matteo parla di una “casa” e riferisce della visita dei Re Magi, i nomi dei quali ci vengono da uno dei Vangeli apocrifi, il Vangelo degli Ebrei o dei Nazareni, in una citazione di epoca medievale.
Due Vangeli apocrifi che vengono fatti risalire intorno al II secolo d.C. danno maggiori particolari sull’episodio: il “Protovangelo di Giacomo“ (cap. XVIII) precisa che Gesù nacque in una grotta e il “Vangelo dello pseudo Matteo” (cap. XIV) dà notizia della presenza del bue e dell’asinello, i quali “lo adoravano senza sosta”. Ambedue i testi specificano che al momento della nascita del Bambino, questa risplendeva di luce: “la grotta cominciò a farsi piena di splendore e a rifulgere di luce come se vi fosse il sole, così la luce divina illuminò la spelonca”.
Nella fantasia popolare la storia della nascita del Gesù diventa un racconto ricco di personaggi e di situazioni, che trova la sua espressione nel Presepio che molti di noi in questo mese allestiscono nelle proprie case e la cui origine si fa risalire a San Francesco d’Assisi.