Intervista in Capriasca alla scultrice Eva Antonini
di Francesco De Maria
“Al distributore svoltare a sinistra”. Questa l’indicazione telefonica. Dalla cantonale a Lugaggia sono poche centinaia di metri di strada un po’ stretta. Chiedo a un passante, trovo la casa: una villa moderna, luogo di abitazione e di creazione. L’atelier è grande e luminoso. Ci sono attrezzi da lavoro e varie opere, alcune finite, altre abbozzate.

Francesco De Maria Questo è dunque il suo regno!
Eva Antonini Oggi è il mio regno, prima era il mio sogno. (Si illumina). Tre anni fa sono riuscita a realizzarlo.
Che cos’è questa specie di frigorifero gigante?
È un forno per cuocere l’argilla. Pesa più di due tonnellate ed è per me uno strumento essenziale.
Lei, dunque, è autonoma da questo punto di vista.
Sì. All’occorrenza lo metto anche a disposizione di colleghi artisti.
Con quali materiali realizza le sue opere?
Argilla, gesso, bronzo e qualche volta anche cemento e marmo.

Eva, lei ascolta la radio mentre lavora?
Sì, ma solo mentre eseguo dei lavori di routine. Per i lavori di concetto e le creazioni nuove invece mi aggrada il silenzio assoluto, soprattutto delle ore notturne. Diventa così un dialogo con me stessa, un tuffarsi in un’altra dimensione.
Noi siamo entrati in contatto a causa di un evento ormai imminente. Che cos’è Open Studio Capriasca?
17 artisti e artigiani Capriaschesi apriranno le loro porte ai visitatori nel weekend del 17 e 18 ottobre. Scultori, pittori, ceramisti, fotografi, ecc. Le distanze tra gli studi sono minime e la maggior parte delle visite può essere inclusa in una bella passeggiata a piedi.
Chi sono gli organizzatori dell’evento?
Io stessa, affiancata da Fosca Rovelli, ceramista e pittrice. L’evento è biennale e siamo già alla quarta edizione, patrocinata dal Comune di Capriasca.
I costi di organizzazione sono alti?
No, per fortuna. Dobbiamo provvedere alla stampa di flyer, manifesti, banner e indicatori stradali, poi ogni artista si organizza da sé al fine di ricevere i visitatori.
Quanti ne ha avuti l’Open Studio in occasione dell’ultima edizione?
In diversi atelier addirittura oltre 200.
In Capriasca risiedono molti artisti? Si conoscono tutti tra loro?
Purtroppo no; oserei dire che la maggioranza è piuttosto abbottonata.

Adocchio un’opera interessante, ma l’artista mi prega di non fotografarla.
Che cos’è? Perché non posso? Non lo farò…
È la scultura creata in memoria di Alfonsina Storni, la poetessa originaria della Capriasca. Non deve fotografarla perché per ora è ancora inedita.
È in gesso?
Ma no, la scultura destinata alla piazza è in bronzo, realizzata dalla fonderia Perseo di Mendrisio. Questo è il modello in grès.
Chi è il committente dell’opera?
Il Municipio.
Conosce la vita di Alfonsina Storni? Ha letto le sue poesie?
Sì, una vita travagliata, resa più difficile dai tabù sociali e morali dell’epoca. Le sue poesie, straordinarie, le ho lette, anche per prepararmi a concepire ed eseguire l’opera.
Come ha rappresentato Alfonsina?
Nell’istante supremo in cui decide di abbandonarsi alle onde del mare.
Perché questa scelta di morte? Non è criticabile?
No, la vedo in sintonia con la sua indole e con la sua meditata decisione di raggiungere un’altra dimensione. A mio avviso è una morte romantica, proprio com’era lei e come era gran parte delle sue poesie. Invito a leggere la sua ultima poesia in cui non vi è nulla di tragico, nessun rimpianto, nessun rimprovero a sé stessa.

Parliamo adesso di lei, Eva, e del suo percorso artistico.
È cominciato molto presto; già da bambina modellavo l’argilla. Solo più tardi, circa vent’anni fa, ho intrapreso un’attività vera e propria di scultrice.
Lei per le sue opere utilizza vari materiali: argilla, marmo, gesso, alabastro… ma il più nobile è il bronzo. Parliamo del bronzo.
Il bronzo è stupendo, ma costoso, perché la realizzazione tecnica di un’opera è lunga e complessa. Affido i miei lavori alla fonderia Perseo di Mendrisio, che ho citato prima, della quale sono molto soddisfatta. Vorrei però aggiungere che il marmo è altrettanto nobile e pregiato. Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare la “terra”; uno straordinario materiale primordiale e arcaico. Pensiamo per esempio all’esercito in terracotta in Cina…
Ai miei occhi la scultura, realizzata nei vari materiali, è una sintesi di spiritualità (concetto, psicologia, empatia) e manualità. Mi parli della sua manualità di scultrice, dei suoi strumenti…
La manualità è in primis una predisposizione. Va però coltivata e si consolida solo dopo anni di pratica, di fallimenti, di successi, ti tormenti e di euforie. Il mio attrezzo preferito è la mano; i vari strumenti sono solo la sua estensione.
Dominante nella sua produzione è la figura umana, le teste, i volti. Ha mai creato delle sculture astratte?
No, ma ci sono andata vicino in diversi casi, riducendo la figurazione alla sua essenza.

Eva decide di creare una nuova opera. Qual è il percorso a tappe – psicologico e tecnico – che conduce dal concetto all’opera finale?
L’idea nasce e si concretizza quasi sempre nel momento di dormiveglia che è paragonabile ad uno stato meditativo. Per trattenere l’idea, creo subito uno schizzo o un bozzetto in creta per le opere di grandi dimensioni. Poi scelgo il tipo di argilla e i sostegni esterni, se necessari per la statica. Se si tratta di un’opera grande, va creata a tappe, in modo da non rischiare il crollo. Se la versione finale sarà in bronzo, creo un calco in gesso e lo consegno alla fonderia, altrimenti procedo alla vuotatura della scultura in argilla e la sottopongo a due cotture nel mio forno.
Quali sono i suoi maestri di riferimento contemporanei?
Mi piacciono moltissimi. Ecco solo alcuni nomi: Verginer, Mitoraj, Alnassar, Pugliese, Greco, Bourgeois, Barin, Cragg, Marín, …

Ha mai visto dal vero la celebre “pietà Rondanini”? Come potrebbe descrivere quell’opera, e la sua reazione di fronte ad essa?
È un’opera che si discosta completamente dalle precedenti creazioni possenti e colme di pathos di Michelangelo. Ciò nondimeno, è di forte impatto emotivo. Percepisco l’enorme fatica e la disperazione dello scultore nell’affrontare, a più tappe, questa sua ultima creazione purtroppo mai terminata. Mi infonde un senso di malinconia, ma anche di tenerezza e vedo in essa l’autoritratto di un artista oramai stanco, trasparente e quasi privo di forza.
Terminiamo l’intervista con l’ultima poesia di Alfonsina Storni, che sta per entrare nel mare.
Denti di fiori, cuffia di rugiada,
mani di erba, tu, dolce balia,
tienimi pronte le lenzuola terrose
e la coperta di muschio cardato.
Vado a dormire, mia nutrice, mettimi giù.
Mettimi una luce al capo del letto
una costellazione; quella che ti piace;
tutte van bene; abbassala un pochino.
Lasciami sola: ascolta erompere i germogli…
un piede celeste ti culla dall’alto
e un passero ti traccia un percorso
perché dimentichi… Grazie. Ah, un incarico:
se lui chiama di nuovo per telefono
digli che non insista, che sono uscita…
Fotografie di Giuseppe Pennisi