Presso la sala Bausch del Teatro Elfo Puccini di Milano, dal 16 ottobre al 5 novembre 2023 l’attrice italiana Carolina Cametti porta in scena il suo “Bluemax” su un tema attuale e, purtroppo, scottante di cui si parla sempre troppo poco: il profondo disagio dei giovani, uomini o donne che siano.
Un personaggio complesso, profondamente umano, recitato da una donna ma che parla di un giovane uomo, appunto, e dai capelli blu. Ideato e con Carolina Cametti, in prima Nazionale al teatro dell’Elfo che lo produce, grazie anche alle belle luci ,che sono di Giacomo Marettelli Priorelli e le scene curate da Roberta Monopoli, lo spettacolo è un susseguirsi di emozioni contrastanti dove la figura del piccolo grande “Bluemax” , in un monologo incessante, cerca risposte che, purtroppo, non trova tra birra, fumo ed emozioni.
Sicuramente specchio deformato è la società di questi tempi cosi confusi dove, dai dati disponibili online sulle richieste di aiuto in Italia (sono cresciute del 66% rispetto al 2020 e quasi quadruplicate rispetto al 2019 prima della pandemia), a preoccupare è il dato relativo ai giovani, aumentato del 28%.
Uno spettacolo costruito come un monologo, a tratti tra sogno e realtà, al suono vibrante delle corde di una chitarra che ha, come una sorta di “teoria delle stringhe” possibili, la vita stessa del suo protagonista, sempre “sulle corde” . Una sorta di richiesta di aiuto, vissuta dall’interno di quel mondo chiuso che è l’impalcatura casa a tre piani, in un continuo sali e scendi fisico e di pensieri. Richiesta di aiuto a cui affida appunto i sogni alla chitarra ed il suo suono in un monologo che si fa canto disperato, e ad un corpo androgino in continuo movimento , la realtà della vita che, come recita il comunicato stampa la protagonista: “dopo la prova di Bob Rapsodhy, Carolina Cametti presta la forza della sua voce e del suo corpo a un personaggio dai capelli blue. È un ragazzo che si è perso, ma non sa né dove né quando. Vuole fuggire, ma rimane incastrato. È sospeso, eterno, instabile, leggero, etereo”.
Uno spettacolo ben recitato, composto come la teoria delle stringhe, di tanti piani sovrapposti, di solitudini (giovanili) fisiche ed accellerate improvvise senza speranza o via di scampo, in cui, paradossalmente, essere felice di essere già adulti per non vivere tutti quei tormenti. Uno spettacolo che però lascia anche spazio ai sogni. O incubi, che siano.

- Foto tratta dal sito del teatro, fornita alla Redazione dall’autrice del presente articolo