Il 22 ottobre abbiamo votato per il rinnovo delle Camere federali. Elezione preceduta dalla campagna elettorale, esercizio di democrazia. Candidati e partiti hanno cercato di mettere in rilievo i temi a loro avviso più importanti, influenti per il futuro del Paese.
Si è dimenticato però che anche i rilevanti temi discussi rientrano nel più ampio dibattito sulla struttura da dare alla società, dibattito che si ripete nell’arco dell’avvicendarsi delle generazioni. Vale la pena ricordare che alla fine della guerra (1945) l’Europa e specialmente Germania, Italia e Francia, sono riuscite dopo la sconfitta delle dittature, a ricreare la democrazia. Su un piano politico un contributo essenziale venne dato dalle forze conservatrici-democristiane e socialdemocratiche, che hanno condiviso un modello di società e struttura istituzionale pur battendosi democraticamente in quest’ambito per difendere gli interessi del loro elettorato.
All’opposizione del sistema democratico stavano i comunisti schierati con la visione di una società stalinista e la utopica rivoluzione dei lavoratori di Marx.
Il sistema democratico ha vinto e quello comunista si è sfaldato sino all’implosione dell’Unione Sovietica.
Ma già negli anni ’60 intellettuali di sinistra si sono resi conto dell’impossibilità di continuare a difendere tesi marxiste e realizzazioni staliniane. Le hanno criticate, in nome della libertà e dei diritti umani. Severo censoreMarcuse (Scuola di Francoforte) ugualmente critico verso una società capitalista che secondo lui toglieva le libertà in nome di un consumismo originato dal potere. Poi il ’68 che riprendeva la critica verso la società capitalista, schierandosi contro ogni forma di autorità, lasciando spazio alla licenza. Tema ripreso nel ’70 dai filosofi francesi in particolare con il “decostruzionismo” di Derrida. Infine negli anni ’80 Ernesto Laclau e Chantal Mouffe teorizzano la “democrazia radicale”, lo stacco dall’utopia di Marx (giudizio loro) prospettando la rivoluzione contro il modello di società in atto basandosisul sostegno dei discriminati a vario titolo: raziale, di genere, sessuale, femministico, colonialistico, climatico, per immigrazione e altro.
Queste convinzioni hanno trovato terreno fertile con le nuove generazioni e un’espressione convincente latroviamo nella direzione e nei programmi del Partito Socialista svizzero. I due co-presidenti Wermuth e Meyer, parlamentari tipo Pult, Molina, Funiciello (politici di professione non di milizia), intelligenti e preparati, conalle loro spalle molti semestri di università, militanza e dirigenza nelle file dei giovani socialisti, entrano in giovane età nei parlamenti.
Non sono quei social democratici che abbiamo conosciuto nel passato quali solidi membri del Consiglio federale, sono esponenti formati e attivi di un’altra corrente di pensiero, quella dei progressisti di sinistra. Anche se in modo più soffice vogliono cambiare radicalmente le fondamenta della nostra società. Ciò passa anche tramite decisioni in singole materie legislative dove hanno buon gioco nei confronti di forze politiche avversarie spesso confuse e talvolta ondivaghe.
Un caso esemplare dei successi del progressismo di sinistra è il diritto concesso di cambiare sesso, senza giustificazioni o documentazione alcuna. Questa decisione legislativa è stata votata dal Consiglio nazionale con 128 sì. Oltre alla corale adesione dei socialisti e verdi la quasi totalità dei liberali e la maggioranza del Centro hanno votato in favore. Con tale risoluzione, siamo nel miglior decostruzionismo che prende di mira addirittura le basi della genetica.
Che vi sia un progressismo di sinistra nella dialettica di un dibattito democratico, è nella natura delle cose. Evitando la violenza, ognuno deve avere il diritto di esprimersi e battersi per le proprie convinzioni. I progressisti di sinistra, sostenuti dal pensiero di notevoli intellettuali, vorrebbero rivoluzionare la società nella quale viviamo. Sono presenti con le loro tesi attivamente in diversi campi e diffusi sono i termini che esprimono critica al nostro sistema, da Woke a un antirazzismo che diventa razzismo partendo da black lives matter, alla cancel culture che demolisce la nostra Storia e capisaldi della nostra cultura, al politically correct, alla lingua che deve venir cambiata (tentativi in atto in Comuni diretti da progressisti di sinistra come Zurigo), alla negazione della genetica, agli eccessi del naturismo e altro.
Anche se contestabili, in alcuni di questi postulati possono esserci stimoli per affrontare un mondo che non cessa di evolvere e di presentare nuovi problemi e necessità in un quadro mutevole.
Ciò che deve preoccupare è l’assenza di un dibattito, non solo intellettuale ma anche politico, di una difesa dei valori di un mondo nel quale molti (penso ancora la maggioranza) come me si ritrovano. Preoccupante se deputati liberali e del Centro in maggioranza sostengono simili postulati della sinistra: o abbiamo a che fare con una distrazione colpevole o peggio una ignoranza e disinteresse ingiustificabili. Non ci si può opporre al progressismo di sinistra operando confusamente e disordinatamente. Quello che mi pare manchi a questeforze politiche – purtroppo in meschina rivalità tra loro – è una vera progettualità che voglia difendere e conservare ciò che merita di quella società nata nel 1945 e che tanti risultati ha dato.