La gente gridava “a casa!” “Ladri” “ci avete ridotto in miseria”. Era una sera d’estate del 2013, le campane di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri suonavano a morto: a Roma si celebravano i funerali di stato di Giuseppe La Rosa, giovane bersagliere ucciso in Medioriente. Io avevo sedici anni, mi trovavo a Roma con la mia famiglia e nonostante la bella stagione, quella sera sembrava fredda e l’aria della Città Eterna era livida. Ci eravamo imbattuti per caso nell’evento e, di lontano, li vedemmo: erano Mario Monti e Giorgio Napolitano, minuti, composti, ricurvi. La gente si scaldava, affamata, i carabinieri si voltavano, infastiditi. Qualcuno di loro arrivò anche a zittire la folla. In quegli anni l’Italia era in una profonda crisi e io, anche se appena adolescente, lo capivo bene. La gente moriva, c’erano i suicidi, e poi gli esodati, quella fascia senza nome e senza età di gente senza un minimo sussidio statale, troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione, con tutte le relative famiglie a carico. Almeno, ai legionari romani in congedo, davano un appezzamento terriero – lo studiavo allora, al liceo Classico.

Ma chi era stato Giorgio Napolitano, quell’uomo a cui qualcuno gridava “ladro” e che qualcun altro difendeva dicendo “e dagli altri che s’aspetta? Le bistecche?” (Ps. Speriamo subentri la carne coltivata).

Era nato a Napoli il 29 giugno 1925, si era sposato con Clio (il nome di una delle nove Muse) Bittoni, dalla quale ebbe due figli, Giovanni e Giulio. 

Si laureò in giurisprudenza nel dicembre 1947 presso l’Università di Napoli con una tesi in economia politica, ma fin dal 1942, a Napoli, fece parte di un gruppo di giovani antifascisti. Dal 1945 aderì al Partito Comunista Italiano, di cui fu militante e poi dirigente fino alla costituzione del Partito Democratico della Sinistra. Venne eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1953 e ne ha fatto parte – tranne che nella IV legislatura – fino al 1996, riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. Sviluppò e indagò i problemi del Mezzogiorno e i temi della politica economica nazionale, e poi, negli anni ’80 si impegnò in particolare sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all’Assemblea dell’Atlantico del Nord, sia attraverso molteplici iniziative di carattere politico e culturale.

Dal 1989 al 1992 fu anche membro del Parlamento europeo, poi divenne ministro dell’interno e per il coordinamento della protezione civile nel Governo Prodi, dal maggio 1996 all’ottobre 1998 e, dal 1995 al 2006 Presidente del Consiglio Italiano del Movimento europeo, nonché, dal 1999 al 2004, Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo. Il 23 settembre 2005 venne nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e, il 10 maggio 2006 Presidente della Repubblica Italiana. Rieletto il 20 aprile 2013 è stato rieletto Presidente della Repubblica, nei terribili anni della crisi italiana, si dimise nel 2015, divenendo Senatore di diritto e a vita e Presidente Emerito della Repubblica.

Dopo un’intensa e perdurante attività di dibattiti politici e economici, ricevette il conferimento di diversi riconoscimenti accademici honoris causa: la nomina a Professore Onorario dell’Università degli Studi di Trento (2008); le lauree dell’Università degli Studi di Bari (2004), dell’Università Complutense di Madrid (2007), dell’Università Ebraica di Gerusalemme (2008), dell’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” (2009), della Sorbona di Parigi (2010), dell’Università di Oxford (2011), della Alma Mater Studiorum di Bologna (2012). 

Sviluppò un’intensa attività pubblicistica e editoriale, collaborando alla rivista “Società” diretta da Ranuccio Bianchi Bandinelli e (dal 1954 al 1960) alla rivista “Cronache meridionali” con numerosi saggi su temi meridionalistici. Nel 1962 pubblicò il suo primo libro “Movimento operaio e industria di Stato”, con particolare riferimento alle elaborazioni di Pasquale Saraceno, e nel 1975 il libro “Intervista sul PCI” con Eric Hobsbawm, tradotto in oltre 10 paesi e, nel 1979, il libro “In mezzo al guado” riferito al periodo della solidarietà democratica (1976-79), durante il quale fu portavoce del PCI – e lo rappresentò nei rapporti con il governo Andreotti – sui temi dell’economia e del sindacato. Poi, nel 1988, il libro “Oltre i vecchi confini” nel quale affrontò le problematiche emerse negli anni del disgelo tra Est e Ovest, durante la presidenza Reagan negli USA e la leadership di Gorbaciov nell’URSS. Dopo molte altre pubblicazioni, nel 2002 pubblicò il libro “Europa politica”, nel pieno del suo impegno come Presidente della Commissione per gli Affari costituzionali del Parlamento europeo e nel 2011 “Una e indivisibile. Riflessioni sui 150 anni della nostra Italia”.