Economia contro salute?
2020
Ma basta. Non se ne può più di questa cantilena: economia contro salute. Di questo manicheismo, di buoni e cattivi, di calabraghisti e bretellisti. Possibile che non si possa capire che l’economia non è un mostro pilotato da tre o quattro sadici rapaci contro il genere umano? Ma che altro non è che persone in carne ed ossa che devono lavorare per vivere, per servire gli altri, per produrre qualcosa, per scambiarsi cose, per soddisfarsi reciprocamente bisogni e desideri, per produrre soldi da trasferire a chi ne ha necessità. Persone che segregate alla lunga si spengono dentro. Persone che rinchiuse si ammalano e fanno ammalare. Forse non di corona virus ma di tutto il resto. Sarebbe meglio la salute contro le persone? Salute e economia piaccia o no sono le due facce della stessa medaglia. Pensiamoci.
Sergio Morisoli
* * *
In questi giorni difficili, pieni di ansia, sono in corso varie lotte. C’è la lotta contro il Virus. C’è la lotta contro il disastro economico. E c’è la guerra psicologica.
È doveroso proteggersi. Ma ci sono forze che con la paura vorrebbero cambiare la nostra società, il nostro mondo.
Il pericolo è reale ed è giusto averne paura, ma non bisogna temere i fantasmi, che spesso vengono evocati ad arte.
Liliane Tami https://www.fdfa.admin.ch/europa/it/home/aktuell/medienmitteilungen.html/content/europa/it/meta/news/2025/3/25/104643 Berna, 25 marzo 2025 – La consigliera federale Élisabeth Baume-Schneider ha partecipato…
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Chissà se il mio amico Sergio risponderà. Io ho ripreso il suo post senza dirgli niente.
Per ragioni ignote alla redazione questo interessante commento di postrelativo è sparito. Lo ripristiniamo.
Insomma qui stiamo equivocando. Stiamo equivocando sul valore “nominalistico” del concetto di economia. Ciò che consiste nell’inscatolare nella medesima categoria concettuale l’artigiano sottocasa che ricava un legittimo reddito con il suo sacrosanto lavoro, con il a) il“sistema” multinazionale/sovranazionale globalizzato, b) il suo micidiale corollario speculativo e c) gli affini organismi organizzativi mondializzati “ufficiali”che ne blindano ogni tentativo di messa in discussione sotto la bandiera del: there is no alternative. Che è un inno alla … libertà. Del primo non credo sia necessario dover chiarire che ne siamo tutti tifosi e difensori. Sui secondi invece credo sia necessario dover chiarire assai.
Anzi di voluminosi faldoni aperti già si sente parlare, ma è la loro diffusione popolare che è carente. C’è chi insinua che si sia perfino strutturata un potente “censura”. Sicuramente c’è anche la grande informazione che si diletta nel somministrarci, caso mai, i soliti cliché moralistici strappalacrime sulle povertà mondiali tuttavia senza indagarne troppo dove stiano le responsabilità: uno dei tanti modi di farci credere alla fatalità dell’indigenza. Poi che dire dei soliti colonnelli, sergenti o caporali sempre pronti alla produzione sistematica di arringhe difensive verso quell’opaco mondo della grande finanza apolide.Cosa c’è di più terrificante che somministrare al popolo quotidiane dosi di “paura” di perdere un comunque astratto concetto di “libertà”, che sappiamo riservata ai pochi.
Questo lo si fa pescando nella polverosa archeologia saggistica del liberalismo d’antan che prende forma scritta nelle teorie libertarie di …von, sì …Von Hayek. Tra l’altro – per inciso – altra saggistica meno citata ci ricorda che chi ci richiama spesso all’idea di libertà, nasconda (anche) l’idea di rivendicare la “libertà” di poter …dominare gli altri. Basterebbe infine consigliare una semplice visita (fra qualche settimana) in una delle diverse librerie cittadine per poter constatare che, ad ogni singolo saggio disposto sugli scaffali per vantare ideologicamente il sistema neo-mercantile planetario, vicino vi sono allineati altrettanti cento tomi che presentano inconfutabili critiche, meno ideologiche proprio perché più concretamente fattuali.
Consiglierei, appunto, di leggersi almeno un piccolo saggio di un economista di impronta liberale, John K. Galbraith che scrisse nel 2004 un libretto di poche pagine dal titolo trasparente: “L’economia della truffa“. Ottimo titolo direi. Egli analizza la società occidentale come l’esempio più pertinente di un mondo che distorce a suo piacimento la realtà, per poterlo presentare come la migliore e unica alternativa. Alt(r)o esempio libertà. Così come la descrizione di una nuova forma di discriminazione classista che si sarebbe ormai imposta: una meritocrazia redditocratica con il compito di gestire e amministrare le grandi organizzazioni di massa. Evviva la libertà!
E per chi il termine “classe” gli andasse di traverso potrei ricordare un vecchio adagio assegnato a Warren Buffet: “C’è una guerra di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe dei ricchi che la gestisce, e la sta pure vincendo.” Oppure leggersi il più recente e impetuoso saggio scritto da Alain Deneault dall’esplicito titolo “L’economia dell’odio”. Leggetelo, ne riparleremo.