NOTA. Come forse non tutti sanno, gli editori di Ticinolive si suddividono in “Frenesia della Privacy” e “Chissenefrega della Privacy” Il dibattito è dunque molto intenso in seno al portale.
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Può sembrare paradossale che nell’era della sorveglianza globale, accettata passivamente dalla grande maggioranza della popolazione, in un momento in cui l’occupazione principale di ogni “nativo digitale” sembra essere quella di condividere foto e video delle proprie attività e dei momenti più intimi tramite entità commerciali (social network) i cui scopi principali sono la monetizzazione dei contenuti e la “profilazione” degli utenti (e non), una persona con un apparecchio fotografico assolutamente visibile diventi sia bersaglio di tanta rabbia, sia fattore scatenante di paure infondate. Oggigiorno, infatti, chi veramente vuole fotografare o filmare qualcosa o qualcuno senza farsi notare può farlo senza problemi… i mezzi non mancano…
Secondo il primo grande esponente della disciplina, “l’occhio del secolo” Henri Cartier-Bresson, la fotografia di strada ruota attorno al concetto fondamentale del “momento decisivo”, l’attimo in cui un evento acquista significato in maniera del tutto spontanea e nel quale il soggetto non viene distratto o inibito dall’obiettivo. Con una libertà di manovra castrata nel suo nascere, il famoso “momento decisivo” semplicemente non potrebbe più esistere e quindi nemmeno la street photography.
Con il suo progetto PrivacyFreeZone il fotografo Matteo Fieni affronta la problematica e si inserisce in questa discussione prendendo spunto dalla sua esperienza personale.
Avendo sperimentato la street photography per le strade di Lugano armato semplicemente di un iPhone, alla ricerca dei momenti e della luce giusta, scoprì che una rivista locale non se la sentiva di pubblicare i suoi scatti in quanto le persone che apparivano nelle inquadrature non avevano dato il loro consenso scritto.
E qui risiede l’impasse: la Costituzione Federale Svizzera protegge il diritto alla libertà di espressione artistica con l’articolo 21; contemporaneamente però l’articolo 28 del Codice Civile protegge il diritto alla privacy e il diritto esclusivo di ogni persona sulla propria immagine. Dato che (almeno in teoria) la Costituzione è sempre prevalente, questo contrasto crea non pochi grattacapi agli street photographers.
Nell’ambito del Long Lake Festival 2016 sarà presente, infatti, un’area in cui questa contraddizione verrà esplorata: all’interno di uno spazio delimitato da un cerchio rosso alla Rivetta Tell entrambi gli articoli giuridici saranno virtualmente sospesi. Chi entrerà nel cerchio potrà essere liberamente fotografato da chiunque sia presente, che potrà pubblicare liberamente gli scatti sui vari social network usando l’hashtag #privacyfreezone.
Contemporaneamente a questa iniziativa, il primo numero del giornale “Camera F” – dotato appositamente di un cerchio rosso in copertina – potrà essere usato come segnale per essere fotografati e contemporaneamente nascondere il proprio volto; le magliette d’artista raffiguranti il cerchio rosso daranno inoltre il permesso a chiunque di fotografare chi le indossa e postarne le foto, e alcuni punti mobili segnalati da cartelloni appositi, costituiranno altre aree Privacy-Free.
Con questa iniziativa Matteo Fieni e Camera F rilanciano in maniera originale il dibattito tra diritto di espressione artistica e privacy, pubblico e privato, libertà di parola e chilling effect per spingerci a riflettere, quasi per gioco, sull’uso e l’abuso che facciamo della nostra immagine. Pensiamoci e speriamo che il pubblico partecipi attivamente a questo progetto interessantissimo! Ce lo chiedono Henri Cartier-Bresson e i suoi eredi. Ce lo chiede, soprattutto, il nostro buon senso.
Aymone Poletti
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