Un ex tecnico specializzato dell’Acciai Speciali Cogne, un uomo di 63 anni residente ad Aosta si è rivolto allo studio legale torinese Ambrosio e Commodo dopo che l’Inail aveva rigettato la sua istanza di indennizzo. L’uomo per 13 anni ha usato il telefono in media 2 ore e mezza al giorno per motivi di lavoro.
Poi, l’ex tecnico ha scoperto di essere affetto da un tumore benigno all’orecchio. Quindi ha chiesto all’Inail che gli venisse riconosciuta una rendita da malattia professionale. La Corte d’Appello di Torino gli ha dato ragione. Ora, l’Inail è stata condannata anche in appello a riconoscergli una rendita professionale di invalidità per essersi ammalato di neurinoma acustico, a un nervo dell’orecchio.
Gli avvocati Stefano Bertone, Chiara Gribaudo e Jacopo Giunta, hanno sostenuto, vincendo la causa, il nesso di causalità tra l’uso del cellulare prolungato per motivi lavorativi e la malattia riscontrata e hanno ottenuto un doppio verdetto positivo, prima del tribunale di Aosta e ora della Corte d’Appello.
Anche alcuni anni fa, sempre la corte d’Appello di Torino, aveva dato ragione a Roberto Romeo, ex dipendente di Telecom Italia, anch’egli affetto dalla stessa malattia, a causa della prolungata esposizione alle frequenze emesse dal telefonino, dovuta all’impiego, per quattro ore al giorno, del cellulare, per 15 anni. L’Inail, nel 2020, era quindi stata condannata a pagare la rendita per malattia professionale di circa 350 euro al mese.
Il professor Roberto Albera, ordinario di otorinolaringoiatria dell’Università di Torino, che nela sua lunga carriera ha eseguito oltre 10 mila interventi tra cui poco meno di 200 per neurinomi, è stato nominato dalla Corte d’Appello per confermare l’elevata probabilità tra l’esposizione alle radiofrequenze e la malattia riscontrata dal paziente.