Primo piano

14 settembre 1321 – Ricordiamo la morte del Sommo Poeta

Stavamo per dimenticarcene, e sarebbe stato davvero imperdonabile. Dante Alighieri morì a Ravenna il 14 settembre 1321, dopo vent’anni di amaro esilio.

Abbiamo scelto per voi uno dei passi più celebri del poema immortale: l’amore e la morte di Paolo e Francesca (Inferno V)

*****

Quali colombe dal disio chiamate

con l’ali alzate e ferme al dolce nido

vegnon per l’aere, dal voler portate;

  cotali uscir de la schiera ov’è Dido,

a noi venendo per l’aere maligno,

sì forte fu l’affettüoso grido.

  «O animal grazïoso e benigno

che visitando vai per l’aere perso

noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

  se fosse amico il re de l’universo,

noi pregheremmo lui de la tua pace,

poi c’hai pietà del nostro mal perverso.

  Di quel che udire e che parlar vi piace,

noi udiremo e parleremo a voi,

mentre che ‘l vento, come fa, ci tace.

  Siede la terra dove nata fui

su la marina dove ‘l Po discende

per aver pace co’ seguaci sui.

  Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

  Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

  Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense».

Queste parole da lor ci fuor porte.

Gustave Doré (Wiki commons)

  Quand’io intesi quell’anime offense,

china’ il viso, e tanto il tenni basso,

fin che ‘l poeta mi disse: «Che pense?».

  Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio

menò costoro al doloroso passo!».

  Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,

e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri

a lagrimar mi fanno tristo e pio.

  Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,

a che e come concedette amore

che conosceste i dubbiosi disiri?».

  E quella a me: «Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.

  Ma s’a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dirò come colui che piange e dice.

Gustave Doré (Wikinedia commons)

  Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

  Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

  Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

  la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante».

  Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade

io venni men così com’io morisse.

  E caddi come corpo morto cade.

Relatore

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