È per noi europei la Germania, per forza economica, finanziaria, di popolazione.
Alla morte di Carlo Magno (814), fondatore dell’Europa, il mondo tedesco ereditò quello che sarà il «Sacro Romano Impero della Nazione Germanica». Più prestigio che potere e che tenne impegnate le diverse famiglie reali tedesche per il titolo sino alla scomparsa per mano di Napoleone nel 1806.
Nel XVII secolo i tedeschi furono assorbiti dagli affari di casa loro. Nella prima metà con le guerre di religioni tra cattolici e protestanti, che però mascheravano anche quelle tra le case reali ed i diversi poteri feudali. Al termine, nel 1648, vinsero i piccoli principati.
Condannati e assorbiti dalle lotte interne, stremati dal conflitto i tedeschi non hanno potuto giocare un ruolo importante nelle vicende europee.
Facciamo un salto al 1871. La Prussia, alla testa anche di altre forze tedesche, sconfigge la Francia di Napoleone III, che abdica, e nelle sale di Versailles Guglielmo I viene proclamato imperatore dei tedeschi.
Nasce la Germania opera dello spregiudicato talento politico di Bismarck.
L’elefante ora ha potenti zanne. Il successivo imperatore germanico, Guglielmo II, più arroganza che intelligenza, aspira ad un ruolo egemonico in Europa, una delle ragioni dell’inutile guerra 1914-1918, che ha condannato migliaia di giovani a vivere in fetide trincee e a morire stupidamente per la conquista di qualche metro di terra.
La Germania è sconfitta ma il Trattato di Pace di Versailles, volutamente vendicativo e punitore, impedisce una vera pace e istiga il revanscismo.
Nel 1933 il Parlamento germanico, con l’opposizione solo dei deputati socialisti, concede a Hitler poteri dittatoriali.
L’elefante si è rifatto potenti zanne belliche belliche e inizia un conflitto che dura dal 1939 al 1945 con 70 milioni di morti e l’indelebile vergogna della politica razziale e dei campi di sterminio. Al termine della guerra conclusasi con una pesante sconfitta, Stalin pretende per sé la Germania orientale, ma fortunatamente, grazie anche all’appoggio USA, quella occidentale trova sulla sua strada personaggi quali Adenauer e Erhard, che la riportano nell’alveo democratico e ai successi dell’economia di mercato.
In pochi decenni l’elefante ritrova le sue zanne, questa volta economiche e pacifiche.
Poi Kohl approfitta dell’inevitabile fallimento dell’economia comunista e ottiene la riunificazione della sua Germania.
Mitterrand, illudendosi di condizionare l’elefante, mette quale prezzo per l’unificazione l’accettazione dell’euro, che per contro favorisce l’economia tedesca.
Dopo questa frettolosa carrellata veniamo ai giorni nostri, quelli anche della guerra in Ucraina.
Doveroso un giudizio su sedici anni di cancellierato Merkel che hanno mutato laGermania. Non appartengo all’antimerkelismo recente, ma già dodici anni fa ho espresso il mio giudizio negativo sulla politica della Cancelliera nell’autorevole settimanale germanico «Die Zeit».
Tale giudizio non può fare astrazione dall’educazione comunista di una Merkel che sino ai 35 anni ha tranquillamente convissuto con il regime sovietico senza esprimere patemi d’animo e perplessità.
Nelle dittature l’abilità tattica permette di sopravvivere e far carriera, concezioni strategiche condannano ai lager.
Gli anni di cancellierato Merkel sono stati di continui tatticismi e concessioni accompagnati dai buoni rapporti con gli ex compagni dell’URSS di un tempo. Commentatori germanici sottolineano come tra il 2009 ed il 2018, in considerazione del successo economico e del risparmio grazie ai tassi d’interesse modestissimi, il governo si è trovato con un eccesso di 460 miliardi dedicato quasi esclusivamente allo sviluppo dello statalismo inteso non solo come socialità ma anche quale sviluppo burocratico. Nel contempo le infrastrutture – vedi ad esempio rete ferroviaria – sono rimaste neglette, l’educazione ha perso punti, sulla digitalizzazione si è in arretrato e, convinti dell’amicizia con la Russia, l’esercito e gli armamenti sono in situazione deplorevole.
Anche nella politica energetica, rispondendo più a esigenze ideologiche che alle necessità concrete, si sono investiti insensatamente miliardi. La debolezza della politica nei confronti della Russia fornitrice di gas è ormai sulla bocca di tutti, l’errore di accettare la dipendenza per approfittare di forniture a buon mercato e favorire gli utenti germanici.
Pregiudizi ambientalisti e giochi politici sono all’origine di una legge che ostacola il «Fracking», tecnica che avrebbe permesso l’estrazione di gas sul proprio terreno limitando la dipendenza dalla Russia.
Come si muoverà l’elefante, sia pure acciaccato, con una economia che desta qualche perplessità, con i problemi dell’industria automobilistica, con la guerra ai suoi confini, con la preoccupante dipendenza energetica frutto di pesanti errori strategici nei rapporti con la Russia?
La Germania che è anche al timone dell’UE, sia pure con la Francia (che ha un presidente senza maggioranza parlamentare) al seguito, con un decente ma non carismatico Cancelliere, avrà la capacità di esprimere politiche e affrontare sacrifici che la sua supremazia le impone? Lascerà l’UE nelle mani interessate e nelle visioni ottuse della burocrazia di Bruxelles?
Per il futuro dell’Europa (e anche dell’UE) molto dipenderà dalle decisioni strategiche che prenderà. L’elefante ci sarà d’aiuto o all’origine di disastri?
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