
L’ex presidente USA Donald Trump si scontra con l’FBI che questa volta lo accusa di spionaggio e più in particolare di “rimozione e distruzione di documenti ufficiali in violazione al Presidential Record Act”, che prevede che il presidente riconsegni tutti i documenti ufficiali alla fine del proprio mandato. Con queste motivazioni gli agenti dell’FBI sono stati in grado di ottenere un mandato di perquisizione che ha permesso loro di setacciare da cima a fondo la residenza dell’ex inquilino della Casa Bianca, in Florida. Secondo Trump i documenti sottratti erano in realtà declassificati e conservati in un posto sicuro, ma stando alle autorità invece si trattava di informazioni di importanza vitale, alcune riguardanti l’arsenale nucleare americano. Nella lista dei documenti sequestrati figurano, tra le altre cose, documenti top secret, 20 scatole di oggetti e un dossier dettagliato sul presidente francese Emmanuel Macron.
Chiedere e concedere il mandato di perquisizione non sono state scelte scontate così come è inusuale da parte dell’FBI rendere pubbliche le proprie azioni prima della fine di un’indagine. Il partito repubblicano non esita a condannare la mossa, schierandosi al fianco di Trump e dichiarando che l’amministrazione non vuole far altro che annientare un avversario temibile. Chiede così di definanziare l’FBI e li accusa di essere al servizio della sinistra. Dal canto suo l’ex presidente inveisce contro le autorità e assicura che se all’FBI serviva qualcosa “bastava chiedere” e ha definito la perquisizione un “raid non necessario e anti-americano”. Le sue affermazioni tuttavia non corrispondono alla realtà, in precedenza il capo del controspionaggio aveva domandato a Trump se avesse restituito tutto e l’ex presidente aveva l’aveva assicurato in merita. Bugie che ora lo mettono in un situazione decisamente scomoda.